Ponte Morandi, nel crollo precipitò anche un camion pieno di droga. Così la ‘ndrangheta tentò il recupero

I carabinieri del Ros di Reggio Calabria hanno intercettato una conversazione avvenuta tra il boss del clan Bellocco di Rosarno, Francesco Benito Palaia, e il suo braccio destro Rosario Caminiti

Un camion con 900 chili di hashish è rimasto coinvolto nel disastro del ponte Morandi. È quello che emerge da un’intercettazione del marzo 2020 dei carabinieri del Ros di Reggio Calabria nell’ambito dell’indagine antimafia che – come scrive il Corriere della Sera – ha portato ieri, martedì 13 dicembre, all’arresto di 48 persone. La conversazione intercettata dalle forze dell’ordine è avvenuta tra il boss del clan Bellocco di Rosarno, Francesco Benito Palaia, e il suo braccio destro Rosario Caminiti. I due, nel discutere dei futuri traffici di stupefacente, fanno riferimento al coinvolgimento nel crollo del ponte Morandi di un cargo frigo di colore giallo che vale milioni di euro poiché pieno di droga. «Allora, quando è crollato il ponte Morandi, se tu vai al primo video, è caduto un furgone – dice Palaia a Caminiti -. È un euro cargo giallo, lo vedi benissimo perché è giallo, con una cella frigorifera, piccolino! Il piccolino! È caduto paru (orizzontale, ndr)… Come è caduto il ponte si è seduto, automaticamente gli è caduta una macchina di sopra…».


E poi, continua il boss 49enne: «Insomma, dice che i neri lo sanno che si è perso… noi stiamo ancora comprando da loro. Io questi 900 chili glieli voglio fottere, dice, e tu hai la possibilità di prendertelo tutto… Gli ho chiesto in che senso. Io posso fare una cosa, gli ho detto, facciamo 50 e 50, io lo vendo e il 50 per cento lo prendi tu, tanto tu non l’hai pagato». L’accordo che prevedeva, dunque, una spartizione della sostanza di stupefacente si sarebbe concluso – si sente nella conversazione telefonica intercettata dai carabinieri – con il «trasporto del rottame pieno di droga fino in Calabria». «Gli hanno detto che l’avevano confiscato, ma ora lo hanno spostato da Latina a Frosinone e c’è la possibilità di andarlo a prendere – dice Pelaia che al momento dell’accordo si trovava ai domiciliari -. Ci vuole un carrellone e lo porto direttamente in Calabria». Secondo i magistrati, come riporta il quotidiano, i clan di Secondigliano e Scampia avrebbero ingaggiato Pelaia nel tentare di recuperare il cargo, nonostante in quel periodo fosse agli arresti domiciliari.


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