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Meloni parteciperà alle celebrazioni del 25 aprile, ma difende La Russa: «Il Msi ha avuto un ruolo importante nella storia italiana» – Il video

29 Dicembre 2022 - 14:30 Felice Florio
La presidente del Consiglio, nella nuova aula dei gruppi parlamentari in via Campo Marzio, ha partecipato alla sua prima conferenza stampa di fine anno. È durata tre ore, ecco i passaggi principali

Non era scontato, ma la presidente del Consiglio ce l’ha fatta a presentarsi davanti ai giornalisti, per la conferenza stampa di fine anno, avendo in tasca l’approvazione della legge di Bilancio. Poco dopo le 11, Palazzo Madama ha dato il suo via libera definitivo alla Manovra, con 107 voti a favore e 69 contrari. E alle 11.30, nella nuova aula dei gruppi parlamentari in via Campo Marzio, Giorgia Meloni si sottopone alle domande della stampa. «Non è esattamente la conferenza stampa di un governo che ha lavorato un anno, è più una conferenza stampa di inizio mandato», esordisce il capo dell’esecutivo. Mostra vicinanza ai giornalisti, offrendo la disponibilità del governo a collaborare per rivedere le questioni salariali e di precariato della categoria. Poi risponde alla prima domanda sulla Manovra: «Mi fido dei miei alleati al governo, al di là dei dibattiti naturali e delle divergenze all’interno – di una coalizione -. Ci sono sfumature diverse, ma contano i fatti. È stata una manovra politica, approvata con un giorno in anticipo rispetto a quelle degli ultimi due anni. Pur investendo la gran parte delle risorse sul caro bollette, siamo riusciti a mantenere gli impegni presi. La legge di Bilancio è stata approvata in un’ora – sottolinea Meloni -. La volontà di questo governo è di lavorare bene e mantenere le scadenze. Ci siamo riusciti. Trovo un clima assolutamente positivo nella maggioranza, non posso certamente lamentarmi».

Covid e disposizioni per i passeggeri provenienti dalla Cina

Il secondo tema trattato riguarda il Covid, con le nuove disposizioni per sottoporre a tampone i passeggeri dei voli provenienti dalla Cina, dove si sta riscontrando un exploit di contagi. «Ci siamo mossi immediatamente. In coerenza con quello che avevamo chiesto di fare il passato. Ci aspettiamo che l’Unione europea voglia operare in questo senso – osserva, rilevando la necessità che l’efficacia delle restrizioni prescinde da una loro adozione a livello comunitario -. La notizia che mi dà adesso il ministro Schillaci è che in questo momento occorre inviare un messaggio tranquillizzante, perché la maggior parte – dei tamponi sequenziati fatti su passeggeri cinesi – sono legati a Omicron. Penso siano utili i controlli, i tamponi, le mascherine. La mia idea è che si debba lavorare sulla responsabilizzazione dei cittadini piuttosto che sulla coercizione, il caso cinese lo dimostra. La situazione in Italia – conclude – è abbastanza sotto controllo, stiamo monitorando minuto dopo minuto». La presidente del Consiglio ha anche detto di avere in mente l’istituzione di un osservatorio sul Covid e ha invitato fragili e anziani a vaccinarsi. «Per gli altri l’invito è di rivolgersi al medico che ne sa qualcosa più di me».

Reddito di cittadinanza

«Il lavoro lo creano le aziende, lo Stato non può abbattere la povertà per decreto». Esordisce così la presidente del Consiglio rispondendo a una domanda sul depotenziamento del Reddito di cittadinanza adoperato dal suo governo. «Noi stiamo lavorando per mettere in condizioni le aziende di assumere. Ci vuole maggiore occupazione, considerando comunque che il mercato del lavoro è cambiato. Bisogna evitare che il lavoro sia fatto in nero. Occorre diversificare le tipologie contrattuali, facendo i controlli per evitare distorsioni». Addentrandosi sul costo del Reddito di cittadinanza per lo Stato, Meloni prima dice di aver voluto mantenere le tutele per sette mesi, «perché vogliamo affrontare la sfida di trovare posti di lavoro», e poi rimarca: «Mentre l’Italia in passato spendeva otto miliardi di euro per mantenere persone in grado di lavorare, sempre l’Italia decideva di restituire otto miliardi di euro all’Europa per il Fondo sociale europeo. Ora ci sono 13 miliardi per la nuova programmazione e poi i fondi del Pnrr. Io immagino un meccanismo cosi: quando ci si reca ad un centro per l’impiego il soggetto deve essere in grado di indicare il lavoro. Se il tema della congruità è “io non voglio accettare un lavoro sottopagato” sono d’accordo, ma se il tema della congruità è “non considero il lavoro all’attesa dei miei studi” allora no. Tutti vorremmo trovare il lavoro dei nostri sogni ma non capita a tutti. Non si può pensare di rimanere a casa e farsi mantenere da chi paga le tasse – e conclude -. Bisogna creare una filiera di rapporto tra il mondo dell’istruzione e del lavoro. Per parte non si trova il lavoro ma per parte non si trovano i lavoratori. Questa è la sfida da affrontare, è un fatto culturale, mettersi in gioco per avere le proprie soddisfazioni».

Pnrr e obiettivi raggiunti

«Sono contenta che il governo italiano sia riuscito a raggiungere tutti i 55 obiettivi previsti per inviare ora la lettera all’Unione europea e richiedere la tranche di 19 miliardi di euro. Quando siamo arrivati, dei 55 obiettivi erano stati conseguiti 25. Abbiamo lavorato per terminare gli altri 30. Questa staffetta ha funzionato, sono contenta che si sia riusciti. Come? Con la scelta politica di concentrare le competenze del Pnrr sotto la guida di un unico ministero, e di mettere sotto la stessa competenza i Fondi di coesione europei, per evitare sovrapposizioni. Ora si entra nella parte difficile del Pnrr – sostiene la presidente del Consiglio -. Il grosso fatto fin qui erano programmazione e riforme, sulla carta. Ora questi obiettivi devono diventare cantieri, e qui – aggiunge – ci sono oggettivamente difficoltà, dall’aumento dei costi delle materie al caro energia. E il piano è stato scritto prima del conflitto in Ucraina. Il RepowerEu è uno strumento interessante, va mediato con il Pnrr. Stiamo avendo un’interlocuzione quotidiana con la Commissione europea, il rischio è che le risorse non arrivino a terra – e conclude -. Abbiamo riattivato immediatamente la cabina di regia sul Pnrr, che mette insieme tutti gli attori e tutti i livelli. Questo è un tema che non si vince solo a livello di governo, ci vuole un rapporto con gli enti locali, di reciproca fiducia e sprone con tutti i livelli istituzionali. La cabina di regia l’abbiamo convocata in maniera serrata e i risultati sono arrivati».

Catasto e condoni fiscali

«Sul catasto si può fare una mappatura delle costruzioni, ma da questo governo non partirà mai un aumento della tassazione sulla casa. Soprattutto sulla prima casa che per noi è non pignorabile e non tassabile». Così Meloni rispondendo a una domanda sull’aggiornamento del catasto, tema che ha accompagnato l’ultima fase del governo Draghi. Per quanto riguarda invece l’allentamento delle maglie fiscali contenuto nella legge di Bilancio 2023, la presidente del Consiglio sottolinea: «Nella nostra Manovra non ci sono condoni, vogliamo immaginare un dialogo con i contribuenti senza favorire gli evasori fiscali – osserva, ricordando tra l’altro le assunzioni per il personale delle Agenzie delle entrate e la norma contro “le aziende apri e chiudi” -. Stiamo favorendo cose di buon senso. La rateizzazione non è un condono – ribadisce -. Bene che chi paga veda risolto contenzioso. I condoni non ci sono nella nostra legge di Bilancio. Le uniche cartelle stralciate sono vecchie più di 7 anni: allo Stato costa più riscuoterle che stralciarle».

Nato e Qatargate

La parte centrale della conferenza stampa è dedicata ad argomenti di politica internazionale. «Il tema di quello che si investe in difesa riguarda la capacità di una nazione di difendere i suoi interessi – dice Meloni -. Confermo la volontà dell’Italia di mantenere gli impegni presi con la Nato», ovvero portare le spese militari al 2% del Pil. Sullo scandalo del Qatargate, «una cosa mi ha molto innervosito: molti colleghi internazionali definiscono questi fatti con la locuzione “italian job”, come se fosse una macchia sulla nostra Nazione. La vicenda non riguarda solo italiani, anche belgi, greci ed esponenti di altre nazioni. Semmai è un tema di partito, un “socialist job”. Se avesse riguardato i conservatori sarebbe stato un “conservative job”. Riguarda una famiglia politica, ma non l’Italia. Va difeso l’orgoglio e l’onore della Nazione che rappresento dagli attacchi. Le responsabilità sono trasversali non fra i partiti ma fra le Nazioni. In passato – e chiude sul tema – mi è capitato di denunciare la differenza fra legittimi accordi fra nazioni di tutto il mondo, ad esempio commerciali, e il tentativo di favorire il soft power, il condizionamento che alcune nazioni facevano in Italia e in Europa. Quello che accade ne è la dimostrazione».

Iran

Sulla repressione delle proteste in corso in Iran, «per noi è inaccettabile e non intendiamo tollerarla oltre, abbiamo sempre avuto un approccio dialogante ma, se queste repressioni non dovessero cessare e non si dovesse tornare indietro, l’atteggiamento dell’Italia dovrà cambiare, con quale provvedimento dovrà essere oggetto di una interlocuzione a livello internazionale». Poi, la presidente del Consiglio si sofferma sulla storia della scacchista Sara Khadim al-Sharia, che ha preso parte al Campionato mondiale 2022 in Kazakistan senza indossare il velo: «Sono stata colpita dalla storia di questa campionessa di scacchi che decide di partecipare al mondiale di scacchi togliendosi il velo al cospetto del mondo. Mi ha fatto riflettere. Siamo abituati a gesti simbolici ma, di solito, i nostri non hanno conseguenze potenzialmente così gravi come quelle che potrebbe avere questo. Questo riguarda lei e altri che in Iran stanno facendo gesti simbolici, sapendo che possono pagare prezzi altissimi. Questo deve farci riflettere sul valore della libertà, che noi diamo per scontata».

Blocco navale e approvvigionamento di gas dal Nord Africa

«Non ho mai inteso il blocco navale come inviare navi della Marina e scatenare una guerra. Il blocco navale deve essere una missione europea in accordo con i Paesi africani per evitare le partenze dei migranti irregolari. Io continuo a lavorare in questa direzione – afferma Meloni, legando il fenomeno dell’immigrazione a quello dell’approvvigionamento energetico dall’Africa -. Fedele all’insegnamento di Papa Giovanni Paolo II dico che in Africa bisogna avere un approccio diverso da quello visto in questi anni. Il tema dell’energia offre un’occasione all’Europa di tornare ad essere presente in Africa e offre all’Italia l’opportunità di essere la Nazione capofila di questo nuovo approccio europeo all’Africa. I Paesi africani sono interessati alle nuove tecnologie dell’approvvigionamento energetico. Credo che con poche risorse spese bene si possa ragionare per produrre l’energia che serve diversificando le fonti di approvvigionamento e fare dell’Italia la porta di ingresso di questa energia». Meloni rilancia il cosiddetto piano Mattei per l’Africa: «L’approccio che raccontava Mattei non era predatorio. Noi andiamo – riferendosi tra l’altro all’operato dell’Eni – non per portare via qualcosa ma per lasciare qualcosa. Per questo c’è grande domanda d’Italia in Africa».

Invasione russa in Ucraina e viaggio a Kiev entro fine febbraio

Rispondendo a una domanda di una cronista della Tass, agenzia di stampa russa, Meloni conferma «che storicamente i rapporti culturali con la Russia sono antichi e solidi, infatti ho difeso la scelta della Scala di dedicare la sua “prima” a un’opera russa. Le scelte del governo russo non devono ricadere sul suo popolo e sui suoi cittadini, voglio distinguere le due cose. Ma quelle scelte ci sono, sono di violazione del diritto internazionale che se fossero accettate farebbero crollare la costruzione della legalità internazionale. Temo che il principio di chi con l’uso della forza possa invadere il vicino sia poco conveniente per tutti. Per noi è inaccettabile: a noi può mancare il turismo russo, i turisti in Russia, ma ci sono cose che non si possono piegare ai nostri desideri. Spero che la Russia fermi questa inaccettabile guerra di aggressione: sino a quando non accadrà, noi non ci fermeremo». Poi, riguardo il recente colloquio telefonico avuto con Volodymyr Zelensky, Meloni riferisce di aver detto al presidente ucraino che «l’Italia è pronta farsi garante di un processo di pace ed è questa la ragione per la quale intendo recarmi a Kiev prima del 24 febbraio perché è quella la data per cui credo si possa prendere qualche iniziativa».

Giustizia e intercettazioni

«La riforma della giustizia è una priorità. Il coraggio non ci difetta. Io credo che questo governo, mettendo insieme le anime della maggioranza, ha una visione equilibrata sulla materia. Abbiamo scelto un ottimo ministro della Giustizia – Carlo Nordio – che è deciso ad andare avanti. Nei prossimi mesi lavoreremo alla riforma – aggiunge Meloni, riferendosi in particolar modo alla separazione delle carriere nella magistratura -. Ci sarà una riforma che potrà aiutare l’Italia soprattutto per dare alla giustizia “un tagliando”». E ancora: «Il parlamento ha presentato un ordine del giorno per chiedere il ritorno della prescrizione a come era prima della modifica del ministro Bonafede e abbiamo dato parere favorevole. È una dichiarazione di buonsenso per evitare che ci siano indagati a vita. Credo che su questo ci sia un consenso trasversale». Questione intercettazioni: «Francamente io la morale da chi oggi è all’opposizione e quando era al governo ha impedito che la Corte dei conti mettesse bocca sulle spese per la pandemia e ha approvato il condono di Ischia non me la faccio fare. Ognuno risponde alla propria coscienza. Le intercettazioni – conclude la presidente del Consiglio – sono uno strumento straordinario a disposizione della magistratura, ma ne va limitato l’abuso. C’è un cortocircuito nel rapporto fra intercettazioni e media, con intercettazioni senza rilevanza penale che sono finite sui quotidiani, solo per interesse politico. Non credo sia giusto in uno stato di diritto. Abusi ci sono stati e vanno corretti».

Festa della Liberazione e Movimento sociale italiano

La leader di Fratelli d’Italia assicura che prenderà parte alle celebrazioni del 25 aprile. Intervenendo sulla polemica innescata dai post commemorativi della fondazione del Msi pubblicati da Ignazio La Russa e Isabella Rauti, dice: «Non mi torna il gioco al rilancio eterno, per cui si deve sempre cancellare di più. Il Msi è sempre stato chiarissimo sulla lotta all’antisemitismo, ha fatto il suo percorso. Oggi alcuni esponenti del governo, delle massime cariche dello Stato, vengono da quell’esperienza. Ci sono arrivati con un voto democratico. Vuol dire che la maggioranza degli italiani non considerava quella storia impresentabile, e penso che anche questo si debba rispettare. Quello sui post sul Msi, è un dibattito che mi ha molto colpito. Credo che il Msi sia un partito che abbia avuto un ruolo nella storia repubblicana di traghettare verso la democrazia milioni di italiani usciti sconfitti dalla guerra. È stato un partito della destra repubblicana, ha partecipato alle elezioni del presidente della Repubblica, è stato pienamente presente nelle dinamiche democratiche, è arrivato al governo prima del congresso che lo trasformò in Alleanza nazionale. Uno può condividere o no, ma è stato un partito della destra democratica, dell’Italia democratica e repubblicana – per la leader di Fratelli d’Italia – il Msi ha avuto un ruolo molto importante nel combattere la violenza politica, il terrorismo. Si ricorderanno le dichiarazioni di Almirante: “Doppia pena di morte per i terroristi di destra”. Era un partito che aveva la responsabilità di accompagnare persone che altrimenti avrebbero fatto scelte diverse. Non capisco – ha continuato – perché qualcosa di assolutamente presentabile dieci, venti, trenta anni fa, quando partecipava alle elezioni dei presidenti della Repubblica, debba essere impresentabile oggi».

Presidenzialismo e riforma delle istituzioni

Riformare le istituzioni, per il capo dell’esecutivo «è una priorità. Bisogna consentire stabilità e governi frutto delle indicazioni popolari. Sarebbero due principi capaci di restituire efficienza al nostro sistema – sostiene il capo dell’esecutivo -. Il semipresidenzialismo alla francese non è il mio sistema preferito, ma quello sul quale c’è maggiore convergenza. Sono partita – da questo modello – come gesto di disponibilità. Il punto è capire la volontà. La Bicamerale è utile se è uno strumento di condivisione, non dilatorio. Sono disposta a parlare di tutto ma la riforma la voglio fare. Quanto e come si lavorerà dipenderà da cosa si vuole fare – rimarca Meloni -. Il ministro Casellati ha parlato con la maggioranza e entro gennaio lo farà con l’opposizione. Il tema è che non sarò così sprovveduta dal non capire atteggiamenti dilatori. Vorrei lasciare come eredità istituzioni più veloci e efficienti».

Mes e Bce

«Credo che sul Mes la ratifica sia secondaria: il tema è che, atteso che l’Italia non accederà mai al Mes finché io conto qualcosa, temo che nemmeno gli altri accederanno. Dopo la Grecia non è stato attivato da nessuno. Che la riforma vada in porto o meno credo che quel fondo non verrà utilizzato. Ha condizioni troppo stringenti, è un creditore privilegiato, produce problemi significativi di spendibilità dei tuoi titoli di stato, ti si alzano i tassi di interesse. Noi siamo nella posizione di tenere bloccati di decine di miliardi quando servono soldi? No. Ma vorrei capire se esistono i margini che piuttosto che ratificare una riforma, lavorare a qualcosa di diverso, con condizionalità diverse e magari con obiettivi più centrati. A questo dedicherò il mio lavoro nelle prossime ore». Sulle dichiarazioni che spesso vengono fatte in seno alla Banca centrale europea e che scombussolano i mercati, Meloni dichiara: «La Banca centrale europea ha una sua autonomia, noi la rispettiamo, così come la Bce rispetta l’autonomia della politica, così quando su qualcosa non si è d’accordo è normale dire cosa si pensa. Nella situazione in cui ci si trova sarebbe meglio evitare delle scelte peggiorative e più utile gestire bene la comunicazione sulle scelte che si fanno. Altrimenti si rischia di generare, non panico, ma fluttuazione sui mercati che vanificano il lavoro che i governi fanno quotidianamente».

Patto di stabilità e Trattato del Quirinale

Sul patto di stabilita «sono cominciate le interlocuzioni, ma non si è entrati ancora nel vivo del dibattito. Io dico che non si può tornare al passato. In passato il patto di stabilità e crescita è stato incentrato molto sulla stabilità e poco sulla crescita. Credo che oggi il nuovo patto di stabilità debba essere concentrato sulla crescita, con lo scorporo – per esempio – delle spese per gli investimenti». Così la presidente del Consiglio riguardo al patto di stabilità europeo che, nel prossimo anno, verrà ridiscusso a Bruxelles. Sempre nel solco degli accordi con altri Paesi membri, Meloni è sollecitata sul Trattato del Quirinale, da lei osteggiato durante la scorsa legislatura. «Ho contestato il Trattato del Quirinale perché il parlamento non era stato minimamente coinvolto, quindi i contorni del Trattato non mi sono ancora chiarissimi, banalmente perché non ho avuto la possibilità di approfondirlo come avrei voluto. Mi pare che non sia ancora pienamente operativo. In ogni caso non lo è in questo momento, perché io e Macron in queste settimane, pur avendo parlato di mille cose, non ci siamo confrontati sulle materie oggetto delle varie discussioni, ad esempio al Consiglio europeo. Mi riservo di valutare se il Trattato è o meno operativo, e sulla base di questo deciderò come andare avanti», risponde a chi le chiede se si fosse consultata con il presidente francese regolarmente prima dei grandi vertici internazionali, come prevede appunto il Trattato del Quirinale.

Gli aiuti di Stato e il funzionamento della Ue

«La situazione molto complessa in Europa costringe a un cambio di passo, un’accelerazione, una visione completamente diversa, ad esempio sul tema degli aiuti di Stato. Ci troviamo in un’Europa in cui non governiamo più niente, mentre intorno a noi gli altri si organizzano – sottolinea Meloni in conferenza stampa -. Il piano anti inflazione americano rischia di produrre un’assenza di competitività per le nostre imprese. Possiamo continuare con le norme che abbiamo oggi in tema di aiuti di Stato? Credo di no. Nell’ultimo Consiglio europeo abbiamo iniziato un dibattito molto interessante che deve andare avanti – aggiunge la presidente del Consiglio -. Si deve ripartire dalla ridefinizione delle catene di approvvigionamento. La globalizzazione senza regole non ci ha salvato. Per l’Europa secondo me oggi la sfida non è gestire il quotidiano, ma darsi obiettivi strategici. Il primo che l’Unione europea deve darsi è come controllare catene di approvvigionamento fondamentali, senza dipendere dal battito di farfalla. Oggi lo vediamo con l’energia, quando scoppiò i Covid l’abbiamo visto sui chip cinesi».

Norma salva calcio

Meloni afferma che il confronto con il suo predecessore, Mario Draghi, lo affascina. Subito dopo, spiega la genesi della norma salva calcio, contenuta nella legge di Bilancio e contestata per il presunto conflitto di interessi di Claudio Lotito, membro della maggioranza e presidente di una società di calcio che milita in Serie A. «Il governo precedente aveva sospeso i pagamenti dovuti allo Stato dalle società sportive, non solo da quelle di calcio. Noi ereditiamo questa situazione e decidiamo di applicare a questa fattispecie le stesse regole applicate agli altri contribuenti: mi dai il dovuto con la rateizzazione e una maggiorazione del 3%. Non è una norma che regala qualcosa, ma tutti pagano quello che devono pagare. Noi diciamo ci date i soldi ma consentiamo una rateizzazione – e ribadisce -. Non regaliamo nulla, chi accede a questa possibilità deve comunque dare subito le prime tre rate e versare la maggiorazione del 3% sul totale».

Revisione del funzionamento della pubblica amministrazione

Sull’ipotesi, metaforica, di Guido Crosetto, che ha proposto di utilizzare il machete nei ministeri, Meloni smorza i toni: «Crosetto è noto per i suoi racconti un po’ figurati, ma al di là delle sue parole non ho apprezzato che nel passaggio delle consegne tra un governo e l’altro qualcuno si aprisse spazi. L’ho segnalato e rimanga agli atti. Non so perché mentre il governo è andato a casa ci si sia premurati di assumere collaboratori. Spero che non si sia fatto per volere creare problemi. In passato la politica era debole: il politico era un passante e alla fine la macchina ha preso il sopravvento. Per il rapporto tra politica e pubblica amministrazione serve una revisione profonda della legge Bassanini, in forza della quale se io ho la responsabilità ce l’ho nel bene e nel male: se ho responsabilità sono anche quello che decide. Oggi non è così – osserva, sostenendo che la suddetta riforma debba essere fatta – confrontandosi con questa realtà importantissima, con straordinari professionisti. Ma la questione va affrontata: la guida deve essere politica, questo prevede la democrazia e così non è stato per colpa della politica ma anche per alcune norme che non hanno aiutato».

La rivendicazione del decreto rave

«Le Nazioni normali non consentano di devastare aree protette per divertirsi. Perché ci sono le discoteche o magari possono farlo rispettando le regole come fanno le persone normali – afferma Meloni, mentre alla Camera è ancora in corso la seduta fiume per portare ad approvazione il primo decreto di questo esecutivo, in scadenza domani, 30 dicembre -. Il segnale che voglio dare è che è finita l’Italia che si accanisce contro chi rispetta le regole e che fa finta di non vedere chi le viola: cari ragazzi che volete ballare devastando aree protette lo andate a fare da un’altra parte. Il decreto – aggiunge Meloni – contiene anche le ultime disposizioni sul Covid prevede il reintegro dei medici non vaccinati anticipando una scadenza prevista comunque per domani. Avanti anche per l’ergastolo ostativo».

Imprese, automotive e scostamento di Bilancio

Meloni interviene anche sulle critiche mosse alla Manovra dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. «Penso che gli industriali abbiamo ampiamente compreso: se devo giudicare dalle iniziative a cui ho partecipato mi pare che ci sia la consapevolezza di un governo pienamente amico delle imprese e pronto a dare una mano a chi produce. Le associazioni rappresentative sono molto utili, bisogna saperle ascoltare ma sapere pure che sono portatori di interessi. Io alla fine devo mettere insieme i saldi: gli altri non hanno questa necessità. Anche io avrei voluto fare di più ma alle condizioni date non credo si possa dire che abbiamo dato poco alle imprese». La presidente del Consiglio si sofferma su un settore dell’industria italiana che è prossimo a una crisi, date le restrizioni che entreranno in vigore nel 2035. Stiamo parlando dell’automotive e, nello specifico, l’addio ai motori a combustione deciso in sede europea: «Non considero ragionevole la scadenza del 2035, ma profondamente lesiva del nostro sistema produttivo. C’è una convergenza traversale a livello nazionale e intendo usarla per porre la questione con forza». Il capo dell’esecutivo, poi, riferisce anche su un eventuale scostamento di bilancio da fare, il prossimo anno, per reperire soldi per la sanità. «Sullo scostamento di bilancio non posso dire, sono molto prudente su queste vicende. Sicuramente non è una cosa che farei mai a cuor leggero».

Dopo quasi tre ore, la conferenza stampa termina. Con una battuta, sulla durata, di Meloni: «Che è Telethon?».

Il video integrale delle quasi tre ore di conferenza

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