Crisanti, la mossa dopo le intercettazioni di Zaia contro di lui: «Lascio l’Università di Padova: voglio essere libero di decidere»

Il senatore Pd ha deciso di rinunciare all’incarico all’ateneo padovano dopo i nuovi dettagli emersi dall’inchiesta sui tamponi rapidi scelti dalla Regione Veneto

«Dichiarazioni di una gravità senza precedenti. Lo inseguo fino alla fine del mondo per inchiodarlo su qualsiasi responsabilità che ha nei miei confronti. Questo regime di intimidazione in questa Regione deve finire». A parlare è Andrea Crisanti, che adesso parte all’attacco del presidente del Veneto, Luca Zaia. Il casus belli è da rintracciare nell’inchiesta della procura di Padova, aperta dopo un esposto del microbiologo, diventato nel frattempo senatore del Partito democratico. Lo scienziato criticava la scelta di utilizzare test rapidi al posto dei molecolari per l’individuazione di casi di Coronavirus. Secondo Crisanti, i tamponi antigenici rapidi utilizzati anche dal Veneto erano efficaci al 70% e non al 90% come attestava il produttore Abbott Panbio. La trasmissione televisiva Report è entrata in possesso di alcune intercettazioni telefoniche in cui Zaia mostra un certo fastidio per le dichiarazioni di Crisanti e dice: «Stiamo per portarlo allo schianto». Poco dopo la diffusione della notizia, il senatore, all’Ansa, ha rivelato: «A partire da oggi lascio l’Università di Padova». Senza entrare nel merito, Crisanti ha aggiunto di volere «essere libero di prendere ogni decisione che mi riguarda, visto anche che vi sono molte intercettazioni che riguardano anche altri docenti dell’Università».


«È un problema di etica»

Alla rivista Mow, lo scienziato ha poi commentato: «Qui è un problema di etica, non è un problema politico. Accolgo con sgomento queste dichiarazioni. Perché poi non sono solo queste le dichiarazioni. Chiaramente io ho fatto accesso agli atti e ci sono ben altre dichiarazioni, in cui si dimostra che lui è l’orchestratore di una campagna di diffamazione e discredito nei confronti, tra le altre cose, di una persona che lavora per la Regione e che, tra le altre cose, ha preso delle posizioni proprio per salvaguardare la Regione stessa. Evidentemente se fosse stato preso sul serio lo studio che ho fatto e che poi è stato pubblicato su Nature, chiaramente avrebbero dovuto riflettere sugli ordini che stavano facendo e gli appalti per 200 e passa milioni di euro. Questi praticamente hanno accettato come giustificazione la dichiarazione di Roberto Rigoli – direttore della microbiologia di Treviso, incaricato di confermare l’idoneità clinico-scientifica dei tamponi – che non ha fatto nessuno studio, ed erano addirittura consapevoli che non l’aveva fatto».


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