Vietato non rinnovare un contratto sulla base dell’orientamento sessuale di un consulente. La sentenza della Corte Ue contro la tv polacca

La pronuncia sul caso di un collaboratore del canale lasciato a casa dopo che aveva girato un video natalizio col suo partner: stessa protezione per lavoratori autonomi e dipendenti

L’orientamento sessuale di una persona non può costituire un motivo per rifiutare di concludere un contratto con un lavoratore autonomo, né per interrompere con lui o lei una collaborazione in corso. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione europea in una sentenza depositata oggi, giovedì 12 gennaio. Il caso in esame presso il tribunale Ue era quello di un cittadino polacco tagliato fuori nel dicembre 2017 dalla produzione di TP, società che gestisce un canale televisivo pubblico polacco, dopo che l’uomo aveva pubblicato su YouTube un video natalizio insieme al suo partner con l’obiettivo di promuovere la tolleranza verso le coppie di persone dello stesso sesso. L’uomo aveva lavorato per il canale televisivo come professionista autonomo per lunghi anni, tra il 2010 e il 2017, nella produzione di materiali audiovisivi, trailer e spot promozionali. Nel dicembre 2017, l’improvvisa interruzione unilaterale del rapporto di collaborazione.


Protezione da ogni discriminazione anche per i lavoratori autonomi

Considerandosi vittima di discriminazione diretta sulla base del suo orientamento sessuale, il professionista aveva fatto ricorso alla corte distrettuale di Varsavia per chiedere la riparazione del danno causato. Il tribunale polacco si era a sua volta rivolto alla Corte Ue per stabilire se il caso potesse ricadere nel quadro della direttiva europea che tutela il trattamento equo dei lavoratori, con particolare riferimento alla possibilità o meno per un’azienda di porre termine o non rinnovare un contratto di collaborazione a un lavoratore autonomo. La risposta ad entrambe le domande, per il Tribunale di Lussemburgo, è sì: la protezione prevista dalla legislazione europea (direttiva 2000/78) riguarda qualsiasi ostacolo discriminatorio alla possibilità per i cittadini di esercitare la propria attività economica, a prescindere dalla forma legale con cui questa è prestata. La situazione di un consulente esterno cui non viene rinnovato un contratto va considerata dunque del tutto assimilabile a quella di un lavoratore dipendente licenziato, qualora la decisione venga presa sulla base di una palese discriminazione.


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