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Nervi tesi tra i corridoi di Bankitalia, la brutta scoperta in busta paga dei dipendenti sui fringe benefit

20 Gennaio 2023 - 22:29 Redazione
La vicenda è riuscita a riunire su un solo fronte i sindacati. Un fatto inusuale in via Nazionale, dove le rappresentanze interne finora hanno sempre partecipato divise ai tavoli di trattativa

Una comunicazione della Banca d’Italia ha innescato una protesta tra le rappresentanze sindacali interne. L’istituto di credito ha deciso che a tutti i suoi dipendenti sulle buste paga di febbraio ci saranno delle trattenute per coprire la tassazione dei fringe benefit di cui godono. Il recente decreto Aiuti quater ha previsto che l’imponibile sui fringe benefit va considerato se il loro importo complessivo supera il controvalore di 3.000 euro. Nella lista dei compensi ricevuti dai lavoratori sotto forma di beni e servizi, e non di denaro, la banca ha detto che farà rientrare anche i prestiti e gli anticipi dell’indennità di fine rapporto erogati dalla Csr. Di cosa si tratta? La Cassa di sovvenzioni e risparmio è una banca popolare costituita su iniziativa di un gruppo di impiegati di Bankitalia. La particolarità è che tra i suoi soci e clienti può annoverare esclusivamente i dipendenti di Bankitalia, in servizio o in pensione, e i loro strettissimi famigliari.

Non è mai accaduto che i dipendenti di Bankitalia e le sigle sindacali che li rappresentano si ponessero in contrasto unanime contro i vertici di via Nazionale. Nei volantini diffusi dai sindacati, si annunciano forme di agitazione e azioni legali nei confronti di Bankitalia. L’eccezionalità del caso è data dal fatto che la protesta è diretta al versamento di tasse, e quelle sui fringe benefit sono dovute per legge. «La normativa contributiva e fiscale prevede che costituiscano reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti in relazione al rapporto di lavoro», c’è scritto nella comunicazione dell’istituto. «Per espressa previsione di legge rientrano in tale nozione anche i beni ceduti o i servizi prestati al coniuge o ai familiari del dipendente, incluso il diritto a ottenerli da terzi».

Poi, la specifica sui fringe benefit: «Per quanto riguarda i compensi in natura, la disciplina impositiva stabilisce le modalità per determinarne il controvalore in denaro e prevede che siano imponibili solo se di importo complessivamente superiore a 258,23 euro; tale soglia per l’anno 2022 è stata elevata a 3.000 euro dal decreto Aiuti quater. Ove tale soglia venga superata, il valore complessivo annuo di tutti i compensi in natura percepiti deve essere assoggettato a prelievo fiscale e contributivo. In relazione al quadro normativo rappresentato, nel 2022 la Banca ha assoggettato ad imposizione i fringe benefit di ammontare superiore ai 3.000 euro imputati nel corso dell’anno».

In Bankitalia, questi compensi erogati in forme diverse dal contributo in denaro ricadono sotto tre fattispecie: gli anticipi sull’indennità di fine rapporto – più conosciuto come trattamento di fine rapporto -, i contributi erogati a titolo di rimborso degli interessi delle operazioni di mutuo ipotecario e i prestiti concessi dalla Csr. Su questo ultimo punto, la Falbi – Federazione autonoma lavoratori Banca d’Italia -, commenta: «Si tratta di una decisione fortemente opinabile considerato che le colleghe e i colleghi non sono dipendenti della Csr, di conseguenza la banca intenderebbe colpire il credito offerto da un ente terzo».

Il sindacato rincara: «Emblematico il comportamento tenuto nell’occasione dalla Csr che, da mesi, collabora con la banca fornendole i tabulati necessari per effettuare una tale operazione, ma ha inteso non comunicarla ai propri “clienti”: c’è da chiedersi se la Csr sia un istituto di credito indipendente di proprietà dei soci o un semplice braccio operativo della banca. Come abbiamo più volte affermato in precedenti comunicazioni, ci opporremo in giudizio per contrastare una tale penalizzante decisione della banca». Anche il Sibc – Sindacato indipendente banca centrale -, si sofferma sui servizi forniti ai dipendenti dalla esclusiva Cassa di sovvenzioni e risparmio: «Non risulta che all’atto della concessione dei mutui e finanziamenti la Csr informi formalmente i mutuatari che il tasso praticato è agevolato in base alla convenzione (segreta) stipulata dalla cassa con il nostro datore di lavoro, e quindi soggetto alle conseguenze di natura fiscale che ne potrebbero derivare».

Il Silb, inoltre, aggiunge che molti clienti della Csr hanno testimoniato che «il presunto tasso superagevolato dei loro mutui era di fatto pari a quello che avrebbero potuto ottenere anche esternamente, e se avessero saputo che si mettevano in un ginepraio di norme fiscali e applicazioni demenziali ci avrebbero pensato bene prima di rivolgersi alla cassa. Fornire informazioni trasparenti alla clientela non è una carineria opzionale: è un obbligo che chi fa vigilanza pretende da qualunque intermediario». Per ultima, la Uilca – Unione italiana del lavoro ramo Credito esattorie e assicurazioni -, fa sapere che c’è l’accordo di tutte le sigle sindacali a manifestare in maniera congiunta contro la banca, chiedendo «un incontro volto a coordinare l’azione nell’interesse della compagine del personale».

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