Caso D’Onofrio, la procura della Federcalcio deferisce l’ex capo degli arbitri Alfredo Trentalange

L’ufficio guidato da Giuseppe Chinè ha respinto la richiesta di patteggiamento avanzata da Trentalange, dimessosi dalla presidenza dell’Aia lo scorso 18 dicembre

La procura della Federcalcio ha deferito Alfredo Trentalange, l’ex presidente dell’Associazione nazionale degli arbitri (Aia), in relazione alla vicenda di Rosario D’Onofrio, l’ex capo della procura arbitrale arrestato per traffico internazionale di droga. L’ufficio guidato da Giuseppe Chinè ha respinto la richiesta di patteggiamento avanzata da Trentalange, che si era dimesso dalla presidenza dell’Aia lo scorso 18 dicembre. La Fgc in una nota ha esplicitato le motivazioni alla base del deferimento.


Trentalange, secondo il procuratore, ha innanzitutto omesso «di assumere qualsiasi iniziativa, anche la più minimale, per accertare i reali requisiti professionali e di moralità del sig. Rosario D’Onofrio», con il quale «aveva un rapporto personale consolidato di vecchia data, prima della proposta, fatta dallo stesso Trentalange, e conseguente nomina da parte del Comitato Nazionale Aia (nel marzo 2021), a Procuratore arbitrale dell’Aia, mentre il nominato era detenuto agli arresti domiciliari, perché condannato per gravissimi reati concernenti la detenzione di sostanze stupefacenti». Non solo.


Omissioni e interferenze

L’ex presidente dell’Associazione degli arbirti, secondo la Figc, avrebbe provato a difendere il suo «amico di vecchia data» interferendo «con l’attività, le prerogative, l’autonomia e l’indipendenza di un Organo di giustizia sportiva». Il riferimento è al vicepresidente della commissione disciplinare nazionale, l’avvocato Andrea Sandroni, «che aveva riscontrato negligenza e inadeguatezza professionale in capo a D’Onofrio quale componente della predetta commissione». Il legale sarebbe stato contattato telefonicamente da Trentalange, il quale gli avrebbe chiesto di non assumere nuove iniziative contro l’ex capo della procura arbitrale.

Trentalange avrebbe inoltre omesso di assumere qualsiasi iniziativa, «anche la più minimale», per controllare che D’Onofrio avesse i «requisiti professionali e di moralità necessari» a ricevere importanti onorificenze e premi. Viene citato l’esempio del Premio Concetto Lo Bello, di cui a luglio l’AIA aveva insignito D’Onofrio «a coronamento di una carriera dirigenziale di alto profilo». Sarebbe stata omessa anche l’assunzione di «ogni e più opportuna iniziativa, anche la più minimale», per accertare e conseguentemente garantire che D’Onofrio tenesse «un contegno diligente e una presenza regolare presso l’Ufficio», come richiesto dal suo ruolo, anche alla luce «della rilevante mole di lavoro (1700 fascicoli l’anno) pendente presso il citato Ufficio».

Mancata trasparenza

La trasparenza sarebbe venuta meno anche a causa della mancata adozione, da parte di Trentalange, di «modelli organizzativi» finalizzati al controllo sui rimborsi delle spese anticipate dai membri degli Organi della Giustizia sportiva Aia. E questo avrebbe agevolato «l’attività illecita» dell’allora capo della procura arbitrale, a cui vengono contestate richieste di rimborso per «spese non veridiche di rilevante entità» nell’esercizio delle sue funzioni, dal mese di marzo 2021 al mese di agosto 2022.

Tra le motivazioni alla base del deferimento di Trentalange figura inoltre la comunicazione e la distribuzione, durante il Comitato Nazionale AIA riunitosi a Caltanissetta il 12 novembre 2022, di un documento che sembrava recare le dimissioni dall’AIA di D’Onofrio, senza che fosse stata compiuta «la benché minima verifica finalizzata ad accertare attendibilità e veridicità del documento e del suo contenuto», e nonostante «vi fossero plurime circostanze che deponevano per la non veridicità del documento stesso». Infine, l’ex presidente dell’Associazione nazionale degli arbitri avrebbe mentito, nel corso del Consiglio Federale del 15 novembre 2022, riguardo l’acquisizione di curriculum e titoli posseduti da D’Onofrio prima della sua nomina a Procuratore Aia, oltre che di presunte, ma inesistenti, autocertificazioni rese da quest’ultimo.

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