Calenda contro Meloni, la frase su Mattarella che lo fa infuriare: «Deprimente doverlo spiegare a una semifascista…»

L’attacco del leader del Terzo polo dopo l’invito della premier ad «abbassare i toni» dopo le polemiche sul caso Cospito

È un attacco durissimo quello lanciato da Carlo Calenda contro Giorgia Meloni, dopo che la premier aveva fatto un invito ad abbassare i toni dopo le polemiche sul caso Cospito. A un evento elettorale del Terzo polo per le Regioni a Milano, il leader di Azione risponde senza mezzi termini: «Cara Giorgia Meloni ti proponiamo questo: non toccare la presidenza della Repubblica che è l’unica cosa che funziona in questo Paese. Senza l’unità della Nazione se ne va a farsi benedire. E che io lo debba spiegare a una nazionalista semifascista è deprimente. Via i busti e un po’ di nazionalismo», con un velato riferimento alle vecchie polemiche che avevano coinvolto il presidente del Senato Ignazio La Russa e la sua collezione di busti di Mussolini. Nella sua lettera al Corriere della Sera, Meloni richiamava il manifesto apparso fuori dall’Università La Sapienza di Roma, dove appariva con il suo volto anche quello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella tra «gli assassini di Cospito». Quelle di Meloni secondo Calenda sono «parole sbagliate, perché i toni li ha alzati Fratelli d’Italia facendo un atto che dimostra scarso senso dello Stato. Dopodiché anche basta. Vogliamo fare una mozione di censura a Delmastro e Donzelli? Facciamola, poi chiudiamo questa storia e iniziamo a parlare di sanità, economia e istruzione perché sono i grandi temi di questo Paese». L’attacco per Calenda è l’occasione per riproporre la posizione del Terzo polo sul progetto di presidenzialismo spinto dal centrodestra: «Noi proponiamo alla Meloni il premierato e l’abolizione secca di una Camera perché ormai il bicameralismo è una cosa morta. Qui abbiamo una differenza con Renzi, perché la Camera che va abolita non può essere il Senato. E proponiamo di rivedere tutto il federalismo, le materie che vanno date in più alle Regioni e quelle che vanno sottratte – conclude – esempio: con la nuova autonomia il Tap non lo facevo».


Leggi anche: