Elly Schlein: «Il Pd o cambia o muore. Io non ho nulla da perdere, per questo vincerò le primarie»

La candidata: sento che vincerò. La battaglia per i diritti e contro il patriarcato è la stessa

Il Partito Democratico deve cambiare oppure morirà. Lei non ha nulla da perdere alle primarie, quindi vincerà. Mentre Giorgia Meloni premier sarà una delusione. Elly Schlein oggi rilascia un’intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera in cui parla della sua corsa con Bonaccini e della sua piattaforma politica. Ma comincia raccontando da dove provengono il suo nome e il suo cognome: «Elly è un soprannome. Porto i nomi delle due nonne. Purtroppo non le ho mai conosciute, e non volevo far torto a nessuna. La nonna fiorentina, Elena; e la nonna di origine lituana, Ethel». Mentre Schlein è un cognome ebraico: «La versione originaria è Schleyen, semplificata quando il nonno emigrò a New York in cerca di fortuna. Cambiò anche nome: era Herschel, divenne Harry».


L’analisi del voto e il sessismo

Schlein parte dall’analisi del voto del 25 settembre: «La destra non è cresciuta, ha sempre i suoi dodici milioni di elettori; che si sono affidati prima a Berlusconi, poi a Salvini, ora a Meloni. Nonostante siano divisi. Sta a noi fare esplodere quelle contraddizioni». E respinge le accuse sulla nomenklatura Pd che si sarebbe schierata con lei: «Questa è un’affermazione sessista, tipica di una società patriarcale, per cui se una donna si fa strada dev’essere sempre strumento di qualcun altro. Serve una rottura. Una cesura netta con il passato. Preferisco cento volte i dirigenti che hanno capito che o si cambia o si muore, rispetto a quelli che accusano me e fingono di aver passato gli ultimi anni nei campi a raccogliere margherite, anziché nelle stanze dove si sono prese tutte le decisioni del partito, comprese le alleanze».


La vittoria

La candidata è convinta di vincere: «Lo sento. Avverto una mobilitazione incredibile. Lei non ha idea di quanta gente voglia partecipare. Giovani che non avevano mai fatto politica. Anziani che mi dicono “non prendevo la tessera da trent’anni”, quindi non erano mai stati nel Pd». Mentre quella tra diritti civili e questioni sociali «è una falsa contrapposizione, come sanno i giovani che scendono in piazza. Per una persona discriminata è più difficile lavorare e fare impresa. La battaglia contro lo sfruttamento e contro l’emergenza climatica è la stessa. Le vittime sono le fasce povere, su cui pesa di più il caro energia, e i Paesi poveri, che pagano la desertificazione di cui sono i meno responsabili. La battaglia per i diritti e contro il patriarcato è la stessa».

«Sono una nativa democratica»

Infine, la risposta a chi la accusa di essere estranea al Pd: «Sono una nativa democratica. Non ho il privilegio di aver vissuto una delle storie precedenti. Infatti ho nostalgia del tempo che non ho conosciuto. Quella del Pd è stata la mia prima tessera. Ne sono uscita nel 2015, dopo l’abolizione dell’articolo 18, la cosiddetta buona scuola, il patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi, i tre voti di fiducia su una legge elettorale poi dichiarata incostituzionale. Altri sono usciti solo dopo il referendum».

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