Il viaggio di Giorgia Meloni in Ucraina inizia con un una tappa a Bucha, la città simbolo del massacro di civili inermi che nella prima fase della guerra furono trovati nelle fosse comuni. Il presidente del Consiglio italiano è arrivato in mattinata a Kiev e nel pomeriggio incontrerà il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ma ha scelto di visitare anche alcuni luoghi simbolo, come Bucha, appunto e Irpin. A Bucha, Meloni ha deposto dei fiori rossi davanti ad una fossa comune e ha poi detto alle autorità locali una sola breve frase: «Non siete soli». A Irpin, la presidente del Consiglio ha anche commentato il discorso fatto da Vladimir Putin la mattina del 21 febbraio: «Putin dice di dover liberare gli ucraini perché c’è un regime, ma quello che vedo qua è un popolo che chiede al governo di combattere e quindi non è vero».
La cerimonia a Irpin
«Una parte del mio cuore sperava in parole diverse» dal discorso di Putin, «un passo in avanti, invece è stata solo propaganda che già conoscevamo», ha continuato Meloni, sottolineando che la realtà del conflitto in Ucraina è differente. A partire dagli sforzi diplomatici per evitare la guerra di cui ha parlato Putin ma che, secondo Meloni, non sono mai stati fatti. «La verità è che c’è qualcuno che ha invaso e qualcuno che si sta difendendo, e il paradosso è che chi è vittima di questa aggressione sta provando a presentare un piano di pace, a differenza di chi è responsabile di questa guerra». La presidente del Consiglio ha consegnato alle autorità locali di Irpin due generatori, che sono parte di un lotto di 52: il valore totale della donazione del governo italiano è pari a 660 mila euro.
Inoltre Meloni ha autografato la bandiera della città, apponendo la sua firma accanto a quelli di altri leader che, negli scorsi mesi, hanno visitato Irpin. «At Your side!», ha aggiunto con un pennarello nero. Il capo dell’esecutivo italiano ha promesso di «trasferire quello che ho visto agli italiani, l’importanza del lavoro che stiamo facendo, l’amicizia, la riconoscenza, perché anche questo è importante per dare una mano con sempre maggiore impegno». Poi, ha ribadito: «L’Italia continuerà a garantire supporto militare, politico, finanziario e strutture per aiutare la resistenza ucraina. Incontrerò il presidente Zelensky e gli chiederò che cosa possiamo fare di più per dare una mano».
Meloni firma la bandiera di Irpin: «At your side!» – Il video
La premier aveva più volte manifestato l’intenzione di visitare Kiev prima dell’anniversario dell’inizio del conflitto, il 24 febbraio. La delegazione italiana si è mossa sulla falsariga delle molte visite che si sono susseguite nella capitale ucraina in un anno di guerra e ha tenuto alcuni dettagli riservati fino all’ultimo. Ieri sera la partenza in treno dalla Polonia per il lungo viaggio di dieci ore, fino a Kiev. Intanto il settimo decreto per l’invio di armi in Ucraina è in fase di preparazione. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ne aveva parlato nei giorni scorsi: «Toccherà farne un altro». Le scorte negli arsenali sono ridotte e la «riserva» per la difesa del suolo nazionale non può essere intaccata, dunque la scelta non è scontata.
Il settimo decreto
Ma fonti del ministero fanno sapere al Corriere della Sera che «c’è ancora margine per assecondare la richiesta di armi». Un impegno già confermato da Meloni: «L’Ucraina può contare sull’Italia, perché ci siamo stati e ci saremo». Il sistema di difesa missilistico Samp-T arriverà a destinazione solo «nelle prossime settimane». Perché bisogna superare un problema di allineamento tecnico tra i pezzi italiani e quelli francesi che compongono l’arma. La dotazione bellica salirà di livello: «Sarà un’altra fattispecie di armi», sostengono con il quotidiano i rappresentanti del governo italiano. Scettici sulla possibilità che Roma invii dei caccia, parlano invece di una nuova partita di droni, «che hanno un mercato a metà strada tra il militare e il civile». E non escludono la fornitura di «missili a lunga gittata». I paesi della Nato avevano posto limitazioni a questo tipo di armamenti.
Il catalogo
Per le armi c’è bisogno di sistemi di apprendimento. Si tratta di strumenti molto sofisticati ed è necessario imparare a usarli. Anche gli altri paesi lo fanno: forniscono un catalogo ai militari di Kiev e destinano istruttori all’apprendimento. Secondo il quotidiano alcuni dei corsi si effettuano anche in Italia. Per i negoziati si attende la fine della campagna di primavera di Mosca. Secondo i militari italiani attualmente la Russia «non ha la forza di consolidare il controllo dei territori occupati». Mentre l’Ucraina «non ha i mezzi per riconquistare tutti i territori perduti». Putin quindi sta «cercando di verificare quanto l’Occidente sia disposto a resistere al fianco di Kiev». La visita a Kiev potrebbe essere anche l’occasione per rilanciare l’idea di una conferenza sulla ricostruzione. Da tenere eventualmente in Italia, non appena ci saranno le condizioni.
Le protezioni Nbcr
Il nuovo pacchetto di aiuti a Kiev, sarebbe il settimo, potrebbe contenere equipaggiamenti e impianti per la protezione Nbcr, nucleare biologica chimica e radiologica, in questo caso utilizzabili eventualmente in zone popolate per tutelare la salute di civili e militari. Dagli indumenti protettivi, come le tute e le maschere fino alle pillole per potabilizzare acqua, saranno diversi i kit inviati da Roma per scongiurare gravi danni alle persone in caso di attacchi nucleari o con armi chimiche oppure semplicemente per far fronte ad eventuali incidenti come quelli paventati in passato nei pressi della centrale di Zaporizhzhia. Nella nuova fornitura ci sono sistemi lanciarazzi Himars, obici Howitzer, missili Javelin e radar per la sorveglianza aerea. Rimane il problema dell’invio degli apparecchi. Nella sua flotta aerea l’Italia ha anche Tornado e Amx, più anziani e vicini alla dismissione. La Gran Bretagna vorrebbe inviare i Typhoon. Visto che sono prodotti anche da Germania, Italia e Francia anche Roma dovrebbe dare un ok.
Il ministro Tajani e i caccia
Intanto in un’intervista a La Stampa il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani esclude per ragioni tecniche l’invio di aerei italiani: «Nel caso dovremo coordinarci con gli alleati, capire che tipo di aerei manderanno loro, perché non ha senso consegnare agli ucraini modelli diversi, poi c’è il problema di addestrare i piloti. Insomma, mi pare praticamente impossibile che vengano inviati caccia italiani». C’è anche il problema delle munizioni: «È stato chiesto ad alcuni Paesi di anticipare le consegne. Ma si valuta anche la possibilità di appalti congiunti a livello europeo sulla falsariga di quelli fatti per i vaccini anti Covid. Da parte nostra serve un ragionamento sulla capacità produttiva dell’industria italiana. Faremo quello che possiamo».
Leggi anche: