Covid, Miozzo indagato al contrattacco: «Oggi tanti esperti e giudici: dov’erano all’inizio della pandemia?»

L’ex capo del Cts dice di non avere nulla da rimproverarsi sulle decisioni prese nei momenti cruciali della pandemia. E se la prende con i «troppi esperto del senno di poi»

L’ex coordinatore del Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo dice di aver scoperto dalla stampa di essere indagato dalla procura di Bergamo nell’inchiesta per epidemia colposa sul Covid. Sul suo telefono dal pomeriggio di ieri, 1 marzo, le chiamate e i messaggi di amici e conoscenti lo avevano travolto con la valanga di articoli apparsi online: «Anche perché spiega al Corriere della Sera – io aspetto ancora di capire cosa concretamente significhi». Da capo della Protezione civile, Miozzo era stato chiamato dal governo Conte II a guidare il gruppo di esperti per fronteggiare la pandemia. All’inizio dell’indagine, ormai tre anni fa, era stato convocato dai magistrati di Bergamo, ai quali aveva spiegato quali atti erano stati inviati al governo che doveva decidere se e dove istituire la «zona rossa» in quei giorni convulsi della fine di febbraio 2020. Miozzo dice di non aver «nulla da rimproverarmi per i suggerimenti dati a le decisioni assunte». Temendo più di essere considerato già condannato mentre sui giornali appare insieme all’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, tra gli indagati: «Posso dire che abbiamo tutti, parlo dei colleghi con cui ho condiviso il lavoro nel Cts, la coscienza tranquilla. Per ciascuna delle valutazioni fatte in quel momento. Un momento che sarebbe assurdo esaminare al di fuori del contesto in cui ci trovavamo». La più grande amarezza per Miozzo resta però quella di «vedere tanti, troppi esperti del senno di poi che si ergono a giudici del nostro comportamento. Peccato che in quel drammatico momento tutte queste autorevoli voci non si siano fatte sentire con altrettanta tempestività e convinzione».


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