India e Messico danno una mano al governo colombiano. E si prendono 70 ippopotami dalla nidiata di Pablo Escobar

Sono chiamati “gli ippopotami della cocaina” perché tutti nati dai 4 importati dal re dei narcos Pablo Escobar

L’ultimo allarme era stato lanciato dalla rivista Nature: il governo colombiano da troppo tempo sembrava paralizzato e incapace di trovare una soluzione alla sovra popolazione di ippopotami nel paese, rischiando di creare gravi danni all’ecosistema naturale della Colombia, alla salute dell’uomo e anche agli stessi animali che sarebbero comunque stati abbattuti da gruppi di contadini per porre fine ai danni provocati ai raccolti. Ora arriva per il governo di Bogotà una ciambella di salvataggio lanciata da India e Messico: si prenderanno 70 ippopotami “della cocaina” alleviando almeno in parte il problema colombiano. A darne la notizia per prima è stata la Cnn, che ricorda come il soprannome legato alla droga prodotta in Colombia sia dovuta al fatto che i primi quattro ippopotami (un maschio e tre femmine) siano stati introdotti illegalmente in quel paese da re del narcotraffico Pablo Escobar per il suo zoo personale. Alla morte di Escobar nel 1993 i quattro sono però scappati e con i primi nati dalla loro unione si sono stabiliti intorno al fiume Magdalena e nei pressi di piccoli laghi nelle vicinanze.


La protesta delle associazioni ambientaliste

Cartello sulle rive del fiume Magdalena in Colombia

Al momento in cui il governo colombiano ha realizzato che quella specie non autoctona poteva diventare un problema per tutti, gli ippopotami si erano già riprodotti più volte diventando secondo le stime del ministero dell’Ambiente almeno 150. A quel punto si è ricorsi a tentativi di sterilizzazione spesso non riusciti. Alcune immagini girate nel 2009 hanno mostrato poi l’esecuzione da parte di soldati dell’esercito colombiano di Pepe, il maschio fuggitivo dallo zoo di Escobar. Da quel momento sono insorte le maggiori associazioni ambientaliste e anche l’opinione pubblica del paese si è divisa, causando la paralisi di ogni scelta governativa.


A gennaio 2023 il ministro colombiano dell’Ambiente Susana Muhamad ha allarmato la comunità scientifica con un suo discorso in cui sembrava emergere l’intenzione di proteggere gli ippopotami invece di tenere sotto controllo la crescita o meglio ancora sradicare la popolazione in Colombia riportando gli animali dopo averli catturati nei loro habitat naturali in altri paesi e continenti del mondo. Da quel discorso è nato il corposo studio pubblicato su Nature da un gruppo di ricercatori scientifici. Secondo la coordinatrice dello studio, la biologa della conservazione Nataly Castelblanco Martìnez dell’università messicana di Quintana Roo, la popolazione colombiana di ippopotami sarebbe cresciuta di 1.500 unità entro il 2037 e a quel punto nessuna soluzione sarebbe più stata possibile.

Lo studio di Nature

Lo studio di Nature

Lo studio di Nature ha anche spiegato – sulla base di una lunga ricerca compiuta comparativamente – che nei laghi abitati dagli ippopotami le acque contengono più nutrienti e materia organica «che favoriscono la crescita dei cianobatteri – microbi acquatici associati alle fioriture algali tossiche. Queste fioriture possono ridurre la qualità dell’acqua e causare una moria massiccia di pesci, con conseguenze sulle comunità di pescatori locali». Gli animali sono anche pericolosi per l’uomo e già ora in Colombia si sono registrati attacchi di ippopotami ad esseri umani e alcuni incidenti stradali causati dallo scontro con loro.

Secondo i ricercatori sarebbe necessario abbattere 30 ippopotami all’anno e catturarne altri per rinchiuderli in zoo o se possibile riportarli nell’Africa subsahariana da cui in origine provengono. La situazione si era fatta più tesa dopo che gruppi di contadini e allevatori si erano organizzati per farsi giustizia da soli, mettendo fine alla devastazione dei raccolti al passaggio dei grossi animali. Contro però oltre agli ambientalisti c’erano anche alcune agenzie di tour operator e albergatori per cui l’ “ippo-turismo” era ormai diventato un business di primo piano. Ora con la disponibilità mostrata da India e Messico (la destinazione comunque è quella di zoo locali) il governo colombiano può tirare un sospiro di sollievo.

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