Papa Francesco, l’ipotesi del faccia a faccia in Vaticano tra Putin e Zelensky con la mediazione di Israele

Un vero e proprio piano di pace redatto dal Vaticano non ci sarebbe, spiega Bergoglio nelle diverse interviste rilasciate per i 10 anni di pontificato. Ma il suo ruolo di mediatore si fa sempre più concreto

La speranza di Papa Francesco a 10 anni dall’inizio del suo pontificato è di riuscire a ottenere la pace «nella martoriata Ucraina e in tutti gli altri Paesi che soffrono l’orrore della guerra», dice in un’intervista a il Fatto Quotidiano. Un obiettivo che per il Vaticano va ben oltre l’augurio ideale, con un impegno diplomatico che vede il pontefice impegnato nel ruolo di mediatore, come aveva già anticipato di recente nelle interviste al quotidiano argentino La Nacion e alla tv svizzera Rsi. Bergoglio si è detto disposto ad andare di persona sia a Kiev da Volodymyr Zelensky che a Mosca per parlare con Vladimir Putin, purché il presidente russo gli conceda un margine di apertura per interrompere il conflitto. Un vero e proprio piano per la pace in Ucraina da parte del Vaticano non ci sarebbe, spiega il Fatto Quotidiano, ma le pressioni della Santa Sede a livello internazionale starebbero trovando sponde importanti, dall’India fino a Israele. A La Nacion, Bergoglio accenna a un possibile incontro in Vaticano proprio tra Zelensky e Putin: «Detto così, non lo so – spiega il Papa – Ma è plausibile un incontro dei delegati mondiali su questo. C’è anche un gruppo israeliano che sta lavorando su questo. Diversi che probabilmente si uniscono e possono fare qualcosa, giusto? Il Vaticano funziona». Nel corso dell’anno di conflitto in Ucraina, i tre premier israeliani che si sono succeduti non hanno fornito aiuti militari a Kiev. In Israele, ricorda il Fatto, i madrelingua russa sono circa 1,5 milioni, centinaia di migliaia quelli con il doppio passaporto. Poco dopo l’esplosione del conflitto, il perire Bennet fu il primo tra i leader occidentali ad andare a Mosca, per poi raggiungere anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz, mentre manteneva i contatti telefonici con Zelensky. Poi è arrivato il premier Lapid, che nonostante le pressioni della Nato, non ha mai ceduto alla fornitura del sistema di difesa antiaerea Iron Dome per Kiev. E infine il ritorno di Netanyahu che ha ribadito l’invio per gli ucraini solo di aiuti umanitari. I rapporti con Mosca non si sono mai interrotti, così come quelli con Kiev.


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