Iran, oltre 100 arresti per gli avvelenamenti delle studentesse: «Membri di gruppi ostili». I dubbi dagli Usa: «Il regime è complice»

Il ministero dell’Interno sostiene che le persone identificate «volevano creare paura nelle scuole e pessimismo contro il governo»

In Iran sono state arrestate più di 100 persone ritenute collegate agli avvelenamenti di centinaia di studentesse avvenuti in tutto il Paese, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa statale IRNA, che cita una dichiarazione del ministero dell’Interno iraniano. Secondo quanto reso noto dal governo di Teheran le persone sono state «identificate, arrestate e indagate» in diverse città, inclusa la capitale. Il ministero dell’Interno iraniano ha dichiarato che «le indagini preliminari hanno dimostrato che un certo numero di persone, per malizia o avventurismo e con l’obiettivo di chiudere le scuole e influenzate dall’atmosfera psicologica creata, hanno adottato misure come l’uso di sostanze innocue e maleodoranti». Nella nota del ministero viene poi sottolineato che «altri sono veri e propri criminali, che avevano un obiettivo ostile: chiudere le scuole e diffondere il pessimismo contro il sistema, creando paura tra il personale e gli studenti». Quest’ultimo gruppo, secondo quanto sostenuto dal ministero dell’Interno, «è sospettato di appartenere a gruppi terroristi dissidenti», collegati all’organizzazione Mujahedeen-e-Khalq (MEK). Il governo iraniano ha poi concluso il comunicato spiegando che «fortunatamente, dalla metà della scorsa settimana a oggi, il numero di simili episodi nelle scuole è diminuito in modo significativo, e non ci sono state segnalazioni di studenti con particolari malesseri».


Le reazioni politiche interne

Diversi politici iraniani hanno suggerito che le ragazze potrebbero essere state prese di mira da gruppi islamisti intransigenti, mentre gli attivisti per i diritti umani ritengono che gli avvelenamenti possano essere collegati alle proteste a livello nazionale scoppiate lo scorso settembre per la morte di Mahsa Amini. Molte studentesse hanno infatti preso parte alle proteste contro il governo iraniano e contro il leader supremo dell’Iran, l’Āyatollāh Ali Khamenei. Khamenei, in precedenza, aveva definito i sospetti avvelenamenti un «crimine imperdonabile», invocando «punizioni severe» per i responsabili, mentre il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha puntato il dito contro «nemici che stanno tentando di creare malcontento in vari settori del Paese, come ad esempio nelle strade, nei mercati e nelle scuole».


La richiesta di indagini indipendenti da parte degli Usa e dell’Onu

Sia gli Stati Uniti sia le Nazioni Unite hanno invitato le autorità iraniane a indagare a fondo sui sospetti avvelenamenti, sostenendo la necessità di procedere con delle indagini «credibili e indipendenti» sugli avvelenamenti. Secondo un’analisi condotta dall’agenzia di stampa statunitense The Media Line (Tml), che cita varie fonti interne all’Iran ed esperti iraniani indipendenti, si sostiene che l’ondata di avvelenamenti ai danni delle studentesse iraniane sia avvenuta in modo da da poter «distrarre l’opinione pubblica dalle proteste nelle piazze contro il regime», attribuendone la colpa a «un pugno di estremisti talebani» che le autorità possono combattere, «esonerando così il sistema islamico nel suo complesso», se non per conto del governo di Teheran stesso. Al contempo, la stessa agenzia, ha sottolineato che in questo contesto la fondatezza o meno della veridicità delle responsabilità degli avvelenamenti nei confronti delle studentesse difficilmente potrà essere verificata in modo indipendente.

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