Gaia Tortora e il calvario del padre Enzo: «Nessuno ha voluto vedere la sua innocenza»

La storia dell’inchiesta sul conduttore nelle parole della figlia. Il libro in uscita il 21 marzo

«Era chiaro fin dall’inizio che l’inchiesta fosse piena di incongruenze. Ma nessuno ha voluto vedere. Nessuno si è mai posto domande. E allora chiedo adesso: come mai soltanto Vittorio Feltri si prese la briga di leggere gli atti?». Gaia Tortora, figlia di Enzo, in un’intervista al Corriere della Sera oggi torna a parlare del calvario del padre Enzo. Nel giugno del 1983 fu arrestato perché ingiustamente accusato di traffico di droga. «Perché solo Feltri scrisse che forse la realtà non era come la stavano raccontando?», si chiede oggi la giornalista. Nel colloquio con Fiorenza Sarzanini Tortora dice anche che per lei Piero Angela fu un secondo padre. E che bastavano 48 ore per capire che le accuse dei pentiti erano false. L’innocenza di Tortora fu riconosciuta solo nel 1986, quando la Corte d’Appello di Napoli lo assolse. Il conduttore morì nel 1988.


Giuseppe Puca ed “Enzo Tortona”

Ricorda oggi Gaia Tortora che suo padre in quel momento «era l’uomo più popolare d’Italia. La sua trasmissione aveva ascolti che oscillavano tra i 28 e i 30 milioni di telespettatori. Un risultato mostruoso, ora vedo persone esultare quando arrivano a un milione di spettatori. Dava fastidio, ma nello stesso tempo parlare di Tortora faceva fare un salto di qualità ai pentiti e all’inchiesta. Per questo dico che c’è stato dolo». La giornalista il 21 marzo pubblicherà per Mondadori “Testa alta, e avanti”. «Sarebbero bastate quattro verifiche sulle cose che raccontavano i pentiti e in 48 ore tutto si sarebbe chiarito. Ne cito soltanto due così si comprende bene. Nell’agendina di Giuseppe Puca, uomo di Cutolo, erano riportati due numeri di tale ‘Enzo Tortona’, che nei verbali diventò ‘Enzo Tortora’. Eppure nessuno si prese la briga di controllare, di provare a chiamare. Il giorno in cui Gianni Melluso raccontò di aver consegnato a mio padre una scatola di scarpe piena di droga in realtà era rinchiuso nel carcere di Campobasso. Ma questo fu Feltri a scoprirlo, non i magistrati».


Le persone più vicine

Tra le persone che le sono state vicine, Gaia ricorda «Piero Angela, che poi per me è diventato come un secondo padre. Ancora adesso sua moglie Margherita è presente nella nostra vita. Quando lui e Silvia sono mancati si è aperto un baratro. E poi voglio ricordare quei giornalisti, pochi, che lo hanno difeso. Montanelli, Biagi, Bocca hanno avuto il coraggio di denunciare che cosa avevano fatto i magistrati. Oltre a Feltri che, come ho detto, lo ha fatto quando tutti erano allineati», conclude.

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