Il presidente russo Vladimir Putin può essere processato per presunti crimini di guerra, come accaduto in altri processi storici, tra cui quelli «nei confronti dei nazisti, o come quello che ha visto coinvolto l’ex presidente jugoslavo Slobodan Milošević o ancora l’ex leader liberiano Charles Taylor». Sono le parole del procuratore capo della Corte penale internazionale Karim Khan, dopo l’emissione del mandato di arresto che la Corte Penale Internazionale de L’Aja ha spiccato nei confronti del presidente russo, per essere processato per i presunti crimini di guerra compiuti durante la guerra di Mosca contro Kiev e, in particolare per un presunto piano di deportazione di bambini ucraini in Russia. «Tutti questi leader erano incredibilmente potenti, eppure si sono trovati nelle aule dei tribunali», ha proseguito Khan nella sua intervista alla Cnn, sottolineando che non è escluso che anche Putin possa finire davanti alla corte, malgrado le perplessità sulla possibile sua cattura, e sul fatto che il presidente russo possa essere giudicato in aula e non eventualmente in contumacia. Non solo. Il procuratore capo della Corte penale internazionale ha anche sottolineato che «Putin è il primo capo di Stato di un membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite contro cui è stato emesso un mandato di arresto».
La versione di Mosca
Di tutt’altro avviso, ovviamente, la Russia, che considera almeno in via ufficiale “carta igienica” la pronuncia della Cpi, come ha avuto a dire ieri l’ex premier Dmitry Medvedev. A elaborare la posizione di Mosca sul mandato d’arresto nel quadro di lontanissimi ma eventuali negoziati di pace è stata oggi la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova. Un eventuale accordo per l’Ucraina, ha detto la portavoce, dovrà comprendere «la cancellazione delle sanzioni e di tutte le cause legali contro la Russia nelle Corti internazionali». Per arrivare alla pace, ha aggiunto Zakharova in una dichiarazione postata sul sito del ministero degli Esteri di Mosca, è inoltre necessario che «cessino i rifornimenti di armi e mercenari all’Ucraina», nonché il ritorno di Kiev a uno status neutrale e il riconoscimento internazionale delle nuove realtà territoriali. Come a dire – considerate le richieste palesemente inaccettabili per Kiev – che il Cremlino non è disposto a sedersi ad alcun tavolo.
Foto di copertina: EPA/ANDREJ CUKIC
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