Chi ha venduto Matteo Messina Denaro? I sospetti del boss dal carcere: «La Palermo bene mi ha tradito: e ora se ne sta “ammucciata”»

Il capomafia trapanese ha parlato con la dottoressa che lo ha visitato, riferisce “Repubblica”, puntando il dito contro quei salotti buoni del capoluogo siciliano che a lungo lo avrebbero protetto

«Da qualche giorno a questa parte, tutta la Palermo bene ha le unghie ammucciate, nascoste». Sono queste le parole che Matteo Messina Denaro ha pronunciato di fronte alla dottoressa che lo ha visitato, in carcere, a 12 giorni da suo arresto. Frase detta con un ghigno sulle labbra, riporta stamattina la Repubblica, per lasciare intendere che con il boss fuori dalla circolazione, buona parte della Palermo bene avrebbe abbassato il profilo, vista la minore protezione da parte della criminalità organizzata. Ora non graffiano. Non parlano. Stanno rintanati. Perché hanno paura di lui, ma ancora di più delle indagini su chi ha protetto la sua latitanza. Ecco il senso delle insinuazioni dal carcere di Messina Denaro. Il mafioso si è rivolto alla dottoressa dopo le dichiarazioni del procuratore di Palermo Maurizio De Lucia, che due giorni dopo la cattura del boss nella clinica, il 18 gennaio, aveva denunciato: Cosa Nostra è riuscita a «entrare nei salotti buoni dove si discute di affari, finanziamenti, appalti, dove si decidono le politiche pubbliche. E vi è entrata dalla porta principale, parlando con i suoi interlocutori da pari a pari». Era stato chiaro De Lucia: «La mafia ha sempre avuto rapporti strettissimi con una parte della società» e «Messina Denaro ha sempre goduto di un appoggio molto ampio, non solo della borghesia».


Chi ha “venduto” Matteo Messina Denaro?

D’altronde, il boss aveva continuato a vivere nel suo territorio, da latitante per 30 anni, anche grazie a questo appoggio. Ma in carcere U Siccu si è scagliato contro la Palermo bene e ha fatto capire di aver avuto a che fare con vari esponenti della borghesia del capoluogo siciliano. Non si aspettava di essere arrestato, e teme che qualcuno possa averlo “venduto”. Magari proprio qualche contatto alla clinica La Maddalena dove si recava per ottenere le cure contro il tumore. Il boss è sicuro che se una soffiata è effettivamente arrivata, questa è partita da Palermo, e non da Campobello di Mazara, dove – le indagini hanno rivelato – godeva di collaborazione.


La rete di influenza del boss

A Palermo, invece, Messina Denaro poteva contare, ad esempio, sull’aiuto del dottor Giuseppe Guttadauro, aiuto primario di Chirurgia a lungo in servizio all’ospedale Civico. Il medico coordinava diversi colleghi ai quali impartiva lezioni di mafia, prevedendo e influenzando esiti di elezioni e appalti. Si inseriva così nella Palermo bene, e inviava messaggi a sindaci della zona e ai presidenti di regione. Questi, come Salvatore Cuffaro, riporta Repubblica, a loro volta ricambiavano dando soffiate sulle indagini in corso. Ad esempio quella che informò Guttadauro di cimici piazzate nel proprio salotto. Cosa vuol dire tutto ciò? Che buona parte dei professionisti, degli imprenditori e rappresentanti delle istituzioni ha per anni intessuto relazioni sociali con i capimafia che hanno poi influenzato anche gli strati più popolari della società palermitana. Messina Denaro sapeva come muoversi là in mezzo. Ma dopo l’arresto, la solidità del sistema sembra messa a repentaglio.

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