Sul presidente russo Vladimir Putin, da venerdì 17 marzo, pende un mandato di arresto internazionale. Tra i giudici della Corte penale internazionale che lo hanno emesso, ce ne è anche uno italiano. Sono 123 i paesi che hanno sottoscritto lo Statuto di Roma, che riconoscono la Corte internazionale e quindi le sue decisioni. Tra questi non ci sono Stati Uniti, Cina, India e Israele tra gli altri. E non c’è più neanche la Federazione russa, che ha ritirato la firma nel 2016. Ora, la Cpi non ha un sistema automatico di esecuzione del suo mandato, per questo si affida agli Stati aderenti. Già nel 2016 però, l’allora presidente sudafricano Zuma si rifiutò di rispettare gli impegni, quando il presidente del Sudan Omar al-Bashir andò in visita nel suo paese, riconoscendogli l’immunità da Capo di Stato. La stessa a cui potrebbe appellarsi Putin nella sua prossima visita in programma a un Paese firmatario dello Statuto di Roma. Ancora una volta potrebbe essere proprio il Sudafrica, nel frattempo presieduto da Cyril Ramaphosa, a dover decidere se rispettare la decisione della Corte penale internazionale. L’incontro, il 15esimo meeting dei leader Brics, è previsto per questo agosto a Durban, città sulla costa orientale dello Stato africano. Sul punto però l’esecutivo rimane ancora cauto, probabilmente colto di sorpresa da quanto successo nelle ultime ore. «Come governo», ha detto un portavoce, «siamo consapevoli del nostro obbligo legale. Tuttavia, da qui al vertice rimarremo impegnati con varie parti interessate».
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