Omicidio Matteuzzi, il racconto shock del vicino che provò a fermare Padovani: «Prese il telefono e urlò “Guarda, vedi che mi tradisce”»

La prima udienza del processo è fissata per il 3 maggio. Nel frattempo gli investigatori continuano a raccogliere testimonianze, tra cui quella di un investigatore privato assunto da Padovani per “controllare” la donna

La prima udienza del processo per l’omicidio di Alessandra Matteuzzi, la 56enne uccisa a martellate il 23 agosto scorso a Bologna, è fissata il 3 maggio davanti alla Corte d’Assise. E in attesa che si apra il processo emergono ulteriori dettagli che sulla vicenda e su Giovanni Padovani, ex compagno della donna, accusato di omicidio aggravato da premeditazione, stalking, futili motivi e legame affettivo. Nelle carte della Procura sono presenti diverse testimonianze, tra cui quelle di alcuni vicini di casa della vittima, che hanno assistito all’omicidio. «Non mi era mai capitato in vita mia di assistere direttamente a una scena così cruenta», ha raccontato agli inquirenti un vicino di casa di Matteuzzi. Il testimone ha assistito in prima persona all’omicidio della donna e ha spiegato che malgrado i tentativi di convincere Padovani a fermarsi, il 27enne non si fermò e continuò a infierire sul corpo della donna, colpendo ripetutamente la donna già priva di sensi con calci e pugni e martellate. Il vicino di casa di Matteuzzi ha spiegato agli investigatori che durante l’omicidio, il 27enne raccolse da terra il cellulare dell’ex compagna e aprì le chat della donna presenti sul telefono «per farmi vedere il contenuto e aggiungendo: “Guarda, vedi che mi tradisce». E il testimone ha aggiunto: «Per me le condotte che il ragazzo portava avanti erano quelle di una persona scossa, ma comunque centrata, presente e attenta a quello che stava facendo».


Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, Padovanni ha continuato a stalkare Matteuzzi per anni dopo la chiusura della relazione, tant’è che la donna aveva denunciato l’ex compagno per stalking, segnalando alle forze dell’ordine le condotte persecutorie messe in atto dall’ex. Un’altra testimone dell’omicidio di Matteuzzi, richiamata dalle urla della donna, ha confermato che davanti a sé ha trovato una «scena tremenda», sottolineando che Padovani fosse «lucido e freddo», tanto da ignorare quanti gli chiedevano di smettere di infierire sul corpo dell’ex compagna, dicendo: «Non ce l’ho con voi, tanto in carcere ci vado». Testimonianze che andrebbero a confermare quanto emerso dai rilievi eseguiti dal consulente tecnico nominato dal Procura sul telefonino dall’uomo: «La uccido perché lei mi ha ucciso moralmente», si appuntava sulle note personali trovate sullo smartphone di Padovani un mese e mezzo prima di uccidere l’ex compagna. Nelle note del telefono, inoltre, il 27enne accusava la ex di averlo tradito, scrivendo di essere consapevole che sarebbe finito in galera.


Padovani e l’assunzione di un investigatore privato per “controllare” l’ex compagna

Secondo quanto ricostruito dalla procura, inoltre, nel novembre 2021 Padovani cercò di ingaggiare un investigatore privato per “controllare” Alessandra Matteuzzi. Dopo aver appreso dell’omicidio della donna, l’investigatore contattò gli investigatori, spiegando che era stato chiamato da Padovani a controllare le attività della donna. Secondo quanti dichiarato dall’investigatore, le richieste di Padovani erano «ossessive» e «che rasentavano talvolta l’assurdità»: «Fin dall’inizio (Padovani) mi telefonava con grande insistenza, circa 10-15 volte al giorno, anche in orari notturni, pretendendo di avere ragguagli in tempo reale sugli spostamenti di Matteuzzi per avere conferme sulle indicazioni che lei gli forniva al telefono». Nella sua testimonianza, l’investigatore ha precisato di aver interrotto il lavoro affidatogli da Padovani dopo tre giorni, perché «era davvero eccessivo, direi ossessivo, tanto che più di una volta gli ho riferito che le sue richieste non corrispondevano al nostro modo di lavorare: a questi miei richiami Padovani insisteva, talvolta quasi implorandomi di aiutarlo a escludere i suoi sospetti». Ma non solo. Tra le richieste di Padovani all’investigatore privato, vi era stata anche quella di monitorare i social della donna, e di seguire i suoi spostamenti e le sue frequentazioni, in modo da poter verificare «la corrispondenza dei luoghi» frequentati dalla donna. Nella testimonianza, l’investigatore ha spiegato che malgrado le richieste ossessive di Padovani, non aveva intercettato il potenziale pericolo che correva la donna, spiegando che le richieste di Padovani – a suo avviso – erano state motivate dall’insicurezza del del 27enne.

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