Grana da mezzo miliardo per il governo Meloni. Il Cts bocciò le mascherine, ma erano buone. E ora la ditta chiede i danni

Arcuri e Figliolo nei guai: la Jc Electronics fa causa alla presidenza del Consiglio dei ministri e chiede un maxi-risarcimento

Mezzo miliardo di euro. È questo l’ingente risarcimento che potrebbe abbattersi sulle casse dello Stato. A farne richiesta alla presidenza del Consiglio è la Jc Electronics, che durante la pandemia aveva importato milioni e milioni di mascherine contro il Coronavirus. Dispositivi di buona qualità che, però, erano stati bloccati e in parte anche non pagati. Dietro il blocco ci sarebbe una svista del Commissario straordinario Domenico Arcuri. A darne notizia è Repubblica che riferisce come la struttura commissariale non avesse inoltrato al Cts una mail inviata da Jc con un test fondamentale per la validazione delle mascherine, il Til. Con il risultato che il Cts aveva bocciato i dispositivi e Arcuri aveva impugnato il contratto senza dare troppe spiegazioni alla ditta. Né con il passaggio di consegne alla struttura commissariale, con l’arrivo del generale Francesco Paolo Figliuolo, la situazione migliorò.


L’esito del test

Se all’inizio c’è stata un’apertura verso l’azienda in questione, poi tutto è rientrato. Mentre Jc chiedeva il pagamento delle mascherine, la struttura commissariale aveva disposto, nel silenzio, una perizia dei dispositivi da parte dell’Agenzia delle dogane. Con l’obiettivo, stando a quanto scritto nell’atto di citazione civile, di ottenere un esito negativo e chiudere il contratto definitivamente, senza dover pagare i dispositivi in questione. Ma le cose non sono andate secondo le aspettative: il test ha dato esito positivo. Le mascherine quindi erano adatte all’utilizzo. Oltretutto ci sarebbe anche un problema di trasparenza. Il team di Figliuolo si è sempre rifiutato di consegnare il documento che avrebbe permesso di riattivare il contratto e pagare quanto dovuto. Nell’inchiesta, al momento, appare indagato solo Arcuri, per abuso d’ufficio. Il pm ha chiesto l’archiviazione del caso per mancanza di dolo intenzionale, ma il sostituto procuratore non ha negato che il comportamento della struttura commissariale potrebbe «esporre il governo a delle pretese risarcitorie».


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