Renzi-Calenda, volano gli stracci dopo la rottura: «Mai ricevuto condanne o accettato soldi da dittatori». «Più che un liberale pare un grillino»

Accuse al veleno tra i due ormai ex alleati. Calenda attacca poi annuncia il silenzio stampa di Azione. Renzi risponde dalla E-news e rilancia Italia Viva

Nel weekend che segue la traumatica rottura tra Italia Viva e Azione sul progetto di partito unico del Terzo Polo, volano gli stracci tra i leader delle due formazioni, Carlo Calenda e Matteo Renzi. Che dopo mesi di lunghe e complicate trattative, definitivamente naufragate questa settimana, di sassolini dalle scarpe da togliersi ne avevano parecchi. A farlo per primo, questa mattina, è stato il fondatore di Azione, che prima di imporre ai suoi un «rigido silenzio stampa» sulla vicenda ha voluto rispondere punto per punto a tutte le accuse ricevute, più o meno esplicitamente, negli scorsi. Con un lungo post sui social, Calenda prende di mira Matteo Renzi, ma anche Emma Bonino – che lo ha definito un «voltafaccia» – e Francesco Bonifazi. «Ho rotto con il PD quando ha tradito la parola alleandosi con Renzi e i 5S. Ho rotto con Letta quando ha trasformato l’agenda Draghi in quella Bonelli/Fratoianni/Di Maio. Non sono caduto nella fregatura di Renzi e Boschi sul finto partito unico», scrive su Facebook. Precisa che «gli Ego o la litigiosità non c’entrano nulla. Tutti i politici hanno un Ego. Per quello di Bonino consiglio di rileggersi Pannella». Il fulcro della questione, per il leader di Azione, è «la volontà di fare politica in modo serio, onorevole e onesto». Ed elenca così tutta una serie di dinamiche a cui lui non si sarebbe mai sottoposto nella sua carriera politica.


«Lasciamo la melma a chi ci sta bene dentro»

«Nella vita professionale non ho mai ricevuto avvisi di garanzia/rinvii a giudizio/condanne pur avendo ruoli di responsabilità. Non ho accettato soldi a titolo personale da nessuno, tanto meno da dittatori e autocrati stranieri», dichiara. «Non ho preso finanziamenti per il partito da speculatori stranieri e intrallazzatori. Non ho mai incontrato un magistrato se non per ragioni di servizio. Mai sono entrato nelle lottizzazioni del CSM», aggiunge. Si giustifica poi con Bonifazi che lo ha accusato di assenze: «È una classifica fatta su 25 giorni di voti già superata. Quando non ero in Senato ero a fare iniziative sul territorio per Azione e IV. Non ero a Miami con il genero di Trump o in Arabia a prendere soldi dall’assassino di Khashoggi». Infine, chiude dicendo: «Lasciamo la melma a chi ci sta bene dentro».


La replica di Renzi: «Attacchi da grillini, non da liberal-democratici»

Nell’arco di poche ore, ecco servita la replica – altrettanto lunga e circostanziata – dell’ex premier. Che ovviamente riversa sull’ormai ex alleato le responsabilità della rottura. «Ho fatto di tutto per evitare di giungere a questo epilogo. Ci ho creduto ma non ci sono riuscito», premette Renzi nella sua E-news di oggi, sabato 15 aprile, riconoscendo che «chi ha avuto responsabilità in questo fallimento debba chiedere scusa. E io lo faccio – per la mia quota parte – con la consapevolezza che ho fatto di tutto fino all’ultimo per evitare il patatrac». Ma dal momento che i suoi numerosi tentativi di ricomporre le fratture – dice – non hanno potuto evitare la rottura, ecco il benservito a Calenda. Gli attacchi «giustizialisti» dell’ex ministro e dei suoi sono «tipici dei grillini, non dei liberal-democratici». Renzi, in sostanza, che lanciò Calenda in politica nel maggio del 2016 “assumendolo” come ministro dello Sviluppo, lo accusa ora in sostanza di irriconoscenza. «Se sono un mostro oggi, lo ero anche sei mesi fa quando c’era bisogno del simbolo di Italia Viva per presentare le liste. Lo ero anche quando ho sostenuto Calenda come leader del Terzo Polo, come sindaco di Roma, come membro del Parlamento europeo. O addirittura quando l’ho nominato viceministro, ambasciatore, ministro», ricorda velenoso Renzi. Che stigmatizza, dell’ex alleato, il «garantismo di chi paragona un avviso di garanzia a una condanna, l’arte politica di chi distrugge un progetto comune per la propria ira, la serietà di chi attacca le persone per non confrontarsi sulle idee». Fine di un’alleanza. L’amicizia, quella, se mai era esistita, era finita da tempo.

Le prossime tappe dell’avventura renziana

Che farà quindi ora Renzi? Direzione del Riformista e laute conferenze in giro per il mondo a parte, c’è da riprogettare la direzione di marcia di un partito. Ecco come, spiega l’ex premier nella sua E-news. «Nei prossimi giorni partirà il congresso democratico, dal basso, di Italia Viva. Quello che volevamo fare insieme ad Azione, in modo civile e libero, lo faremo con chi ci sta. Prima i comuni, poi le province, poi le regioni». Sguardo più lungo, alla campagna elettorale per le Europee della prossima primavera. A cominciare dall’appuntamento di rito per i seguaci di Renzi. «Faremo la Leopolda l’8-9-10 marzo 2024 cercando di portare tante belle esperienze a discutere, a condividere i sogni, a ragionare di politica». E alle Europee, ribadisce, «cercheremo di stare con chi ha voglia di credere nel riformismo e non nel sovranismo della Meloni o nel massimalismo della Schlein. La nostra casa è Renew Europe, il nostro leader Emmanuel Macron». Ultima tappa del percorso previsto, in vista delle prossime elezioni politiche: «Dopo le europee, con le primarie e il voto diretto degli iscritti, eleggeremo il leader o la leader che ci guiderà verso le Politiche. Cercheremo di allargare a chi ci sta, senza rinchiuderci in casa nostra. Apriremo ai mondi del cattolicesimo democratico, liberali, riformisti». Il progetto del partito unico, grosso modo, ma senza Calenda e i suoi uomini. A la guerre come à la guerre.

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