Caos in Sudan, scontri tra esercito e paramilitari: almeno 25 morti e oltre 180 feriti – I video

Sparatorie e raid aerei si sono verificati in diverse città del Paese. L’appello di palazzo Chigi: «Le parti abbandonino le armi»

È di almeno 25 morti e oltre 180 feriti il bilancio degli scontri in corso in Sudan. Lo ha annunciato il sindacato dei medici del Paese, citato dal Guardian che precisa inoltre come non sia stato possibile determinare se le vittime siano militari o civili. Due persone sono state uccise all’aeroporto di Khartoum, quattro nella vicina Omdurman, otto nella città di Nyala, sei in quella di El Obeid e altre cinque a El Fasher. Sullo sfondo dei pesanti scontri c’è la rivalità politica che prosegue da diversi mesi tra i due generali ai vertici del Consiglio sovrano che al momento guida il Paese, Abdel-Fattah Al-Burhan e il filorusso Mohamed Hamdan Dagalo, protagonisti del colpo di Stato del 2021. I paramilitari sudanesi delle Forze di supporto rapido (Rfs) cercano di prendere il potere e di allontanare l’esercito in una prova di forza fatta di incursioni, sparatorie, raid aerei, mobilitazioni di blindati e annunci contrastanti in diverse città del Sudan. In serata, un colonnello dell’esercito sudanese, Khaled Abdullah, parlando all’emittente Al Jazeera, ha sostenuto che le «forze armate hanno riconquistato tutte le aree vitali», tra cui il controllo degli aeroporti di Khartoum e Merowe, e che le Forze di supporto rapido vengono «inseguite per le strade». Il militare ha poi aggiunto che le forze armate stanno «attualmente chiudendo i ponti di Khartoum e che la situazione sta per essere risolta».


Le violenze sono esplose nella mattinata di oggi, sabato 15 aprile. Alcuni residenti hanno riferito di combattimenti ed esplosioni vicino al quartier generale dei paramilitari delle Rfs, a sud di Khartoum. Combattimenti che si sono poi allargati attraverso il Nilo fino alla città gemella di Omdurman, dove alcuni testimoni hanno detto che uomini armati hanno circondato gli studi dell’emittente televisiva di stato. Un funzionario delle Nazioni Unite ha confermato, inoltre, gli scontri e ha parlato di spari vicino casa sua, che si trova nel centro della città, e ha detto di aver ricevuto segnalazioni di esplosioni nei quartieri di Riyadh, Khartoum 2, Manshiya e Soba. Ovvero – ha commentato – «letteralmente ovunque». I paramilitari sudanesi hanno confermato che l’esercito regolare è entrato nei loro campi a sud di Khartoum e hanno circondato i loro uomini: «Hanno lanciato un attacco a tappeto con tutti i tipi di armi pesanti e leggere». Riferiscono di aver preso il controllo dell’aeroporto di Khartoum e del palazzo presidenziale.


L’appello di palazzo Chigi: «Le parti abbandonino le armi»

«Il governo italiano segue con preoccupazione gli eventi in corso in Sudan e si unisce agli appelli Onu, Ua e Ue perché cessino i combattimenti a Khartoum e altrove, per la sicurezza del popolo sudanese e per risparmiare ulteriori violenze», si legge in una nota di palazzo Chigi che «invita le parti in causa ad abbandonare la via delle armi, e a riprendere i negoziati avviati da tempo, affinché il popolo sudanese esprima le proprie scelte nell’ambito di un processo elettorale. La violenza porta soltanto altra violenza». Poi il messaggio agli italiani presenti nel Paese: «Il governo italiano segue la situazione di sicurezza dei cittadini italiani, che sono invitati a restare a casa o in altro luogo sicuro, come chiesto dalla Ambasciata d’Italia, aperta e operativa», conclude il comunicato. Appelli per porre fine agli scontri sono venuti anche da Onu, Usa, Ue, Unione africana, Lega araba e Russia. L’attrito fra esercito e paramilitari si stava aggravando da mesi bloccando la transizione basato sull’accordo-quadro firmato il 5 dicembre scorso. Al centro della contesa c’è infatti la riforma militare con l’esercito sudanese che vorrebbe integrare le Rsf nei propri ranghi già entro due anni mentre Dagalo vorrebbe mettersi a disposizione di un’autorità civile in un processo più lento che potrebbe durare fino a dieci anni.

Tajani: «Stiamo monitorando la situazione»

Testimoni raccontano anche di spari nell’area attorno all’ambasciata italiana. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha rassicurato dicendo che la sede è totalmente operativa, ma ha invitato gli italiani a restare in casa. «Seguo con attenzione quanto sta succedendo a Khartoum. L’Unità di Crisi monitora gli sviluppi», ha scritto su Twitter il responsabile della diplomazia, per poi lanciare un appello al dialogo e alla cessazione delle violenze.

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