Emanuela Orlandi: chi è Marcello Neroni, l’uomo dell’audio che accusa Wojtyla

Accusato di essere un esponente della Banda e sodale di De Pedis, era considerato anche una fonte dei servizi segreti

Si chiama Marcello Neroni l’uomo che nell’audio pubblicato qualche tempo fa dal blog Notte Criminale accusa Papa Giovanni Paolo II per la scomparsa di Emanuela Orlandi. Si tratta di una conversazione registrata nel 2009. Neroni, oggi ultraottantenne, è stato accusato di essere un esponente della Banda della Magliana. Secondo le accuse dell’epoca era collegato al gruppo dei testaccini, che all’epoca faceva capo ad Enrico De Pedis e a Danilo Abbruciati. Sarebbe stato socio di Renatino in una società di slot machine nel quartiere Prati di Roma. Neroni è stato arrestato per la prima volta nell’ambito dell’operazione Colosseo, la prima retata contro la Bandaccia. Ma in seguito la sua posizione fu archiviata.


Amico dei servizi segreti

Il giudice Otello Lupacchini, dopo aver ascoltato l’audio, aveva raccontato che Neroni è «un individuo compromesso con la Banda della Magliana con la vocazione del delatore. Dunque trait d’union fra il sodalizio delinquentesco e i Servizi». Nell’audio Neroni parla della sepoltura di Enrico De Pedis a Sant’Apollinare. E accusa il Papa: «Wojtyla… (audio censurato)… pure insieme se le portava a letto, se le portava, non so dove se le portava, all’interno del Vaticano». A quel punto, secondo Neroni, il segretario di Stato Agostino Casaroli avrebbe deciso di intervenire: «Lui essendo esperto del carcere perché faceva il cappellano al riformatorio, si è rivolto ai cappellani del carcere. I cappellani del carcere uno era calabrese, un altro un furbacchione. Un certo Luigi, un certo padre Pietro, non hanno fatto altro che chiamare De Pedis e gli hanno detto “sta succedendo questo, ci puoi dare una mano?”».


L’ordinanza Colosseo

Nell’ordinanza Colosseo Neroni, nato a Roma il 25 giugno del 1941, viene citato in relazione alle macchinette videopoker e in collegamento con De Pedis ma anche con Giuseppe De Tomasi, un nome uscito già nelle indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi insieme a quello del figlio Carlo Alberto. Il primo, detto “Sergione”, è collegato in tante indagini a De Pedis. Nei confronti del secondo una perizia lo ritiene compatibile con la voce che telefonò a “Chi l’ha visto?” proprio per mettere in relazione De Pedis e Orlandi. Neroni e un suo sodale chiamato Giampiero Di Bilio frequentavano anche la sede della società “Omnia Import Export” insieme a Massimo Carminati e Maurizio Lattarulo. L’autore dell’intervista a Neroni, Alessandro Ambrosini, ha detto a Domani che Pietro Orlandi era già da tempo a conoscenza dell’audio che accusava Wojtyla.

Giovanni Paolo II ed Emanuela Orlandi

Dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta il 22 giugno del 1983 a Roma, Giovanni Paolo II intervenne nel caso della cittadina vaticana. Il 3 luglio di quell’anno dal balcone di Piazza San Pietro Karol Wojtyla fece l’appello che portò il caso sulle prime pagine di tutti i giornali:  «Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi, la quale è nell’afflizione per la figlia Emanuela, di 15 anni […]. Non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia responsabilità in questo caso». Anche se all’epoca il papa non parlò di rapimento, l’appello contribuì alla nascita della pista internazionale per il caso Orlandi. Dopo le parole da San Pietro cominciarono ad arrivare telefonate e documenti di rivendicazione che collegavano la scomparsa a Mehmet Ali Agça, l’attentatore di Giovanni Paolo II. I gruppi che scrivevano, che a un certo punto cominciarono anche a farsi la guerra tra di loro, chiedevano la liberazione del terrorista turco in cambio di quella della ragazza. Ma nessuno diede mai la prova dell’esistenza in vita della ragazza.

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