Strage di Erba, Olindo Romano scrive dal carcere: «Io e Rosa non c’entriamo niente: immagino un futuro libero con lei»

«Spero che la richiesta di revisione del processo venga accolta», ha continuato l’uomo condannato all’ergastolo. «I giudici valutino bene la testimonianza di Frigerio»

Nei giorni in cui la verità processuale sulla strage di Erba sembra essere messa per l’ennesima volta in dubbio, a rompere il silenzio ora è uno dei due protagonisti della tragica vicenda, Olindo Romano. «Lo voglio ribadire ancora una volta: io e Rosa con la strage di Erba non c’entriamo niente», scrive l’uomo in una lettera. Condannato all’ergastolo con la moglie Rosa Bazzi per l’omicidio di Raffaella Castagna, del figlio Youssef, della madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini, Romano si rivolge a Marco Oliva, conduttore della trasmissione Iceberg su Telelombardia. «Spero che la nostra richiesta venga accolta», continua l’uomo riferendosi alla decisione, prima del sostituto procuratore generale di Milano, Cuno J. Tarfusser e poi anche dei suoi legali di richiedere la revisione del processo. «Il futuro mi basta immaginarlo con Rosa fuori dal carcere, finalmente liberi», ha continuato Romano, «speriamo che finalmente i giudici possano fare chiarezza, io nel frattempo continuo a lavorare in cucina, sto bene pur sapendo di essere in carcere ingiustamente». Condannato in via definitiva all’ergastolo, Olindo Romano ha poi fatto riferimento all’unico sopravvissuto della strage che lo ha indicato come autore degli omicidi: «Conoscevo Mario Frigerio e continuo a dire che per me era una brava persona. Per come sono andate le cose anche lui è stato raggirato. Inizialmente, come si legge dalle carte, non mi aveva riconosciuto, ma poi lo hanno portato in qualche modo a fare il mio nome», spiega, ribadendo la speranza che i giudici possano «rivalutare bene la sua testimonianza». Tra i momenti centrali dell’indagine ovviamente la confessione che i due coniugi fecero della strage compiuta. Anche su questo Romano risponde: «Mi risulta difficile spiegare come si possa confessare qualcosa che non hai commesso. A tutti dico che bisognerebbe in quei momenti prima di giudicare». Pochi giorni fa era stato il difensore della coppia a rilanciare la tesi «di una faida per droga» alla base della strage del 2006: «I vicini non c’entrano», ha spiegato Fabio Schembri. «Azouz Marzouk effettuava traffico internazionale di stupefacenti e la sua abitazione faceva da base logistica».


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