Psichiatra uccisa, l’ultimo saluto delle figlie: «Un mostro ti ha portato via. Eri azione e passione, la nostra eroina»

La donna è stata aggredita al termine di un turno di lavoro ed è morta alcuni giorni dopo in ospedale

«La mia mamma era azione, era passione. Mi ha sempre insegnato che ci sono cose su cui non abbiamo controllo ma anche a individuare un piccolo aspetto su cui possiamo avere margine d’azione. Ho cercato in ogni modo di trovare un pensiero per andare avanti. Non trovavo niente che mi desse pace, poi ho capito che sei un’eroina e che avevi una risposta per tutto». Con queste toccanti parole, Alice, la figlia maggiore, ha voluto dare l’addio pubblico alla madre Barbara Capovani, la psichiatra morta il 23 aprile in seguito a un’aggressione lo scorso 21 aprile, per la quale è indagato il suo paziente Gianluca Paul Seung. Dall’Università la Sapienza di Pisa ha aggiunto: «Mia madre ha passato la vita ad aiutare gli altri, ha dato un pezzetto di puzzle a ognuno di noi ogni volta che è stato necessario. Ognuno di noi che l’ha avuta accanto a sé ha ricevuto questo pezzetto e così tutti insieme formiamo il puzzle. Anche se servono centinaia e centinaia di pezzetti per formare Barbara Capovani, ma insieme possiamo ed è l’unico modo per averla con noi e portare avanti quello che ci ha trasmesso», ha detto di fronte al pubblico riunito per salutare la donna 55enne.


La figlia minore e il compagno

«Saremo lei ogni volta che non avremo paura, che lotteremo per ciò che è giusto e proteggeremo chi è in difficoltà, che daremo la vita, ogni volta che ci fermeremo ad accarezzare per strada i cani sconosciuti. Ho avuto la fortuna di essere cresciuta da un supereroe, i veri eroi non muoiono mai ma rimangono per sempre», ha detto ancora. Dopo Alice, è intervenuta anche la figlia più piccola, ancora minorenne: «Un mostro ti ha portata via. Per noi avresti fatto di tutto, non è giusto che sia capitato a te. Tutti i tuoi abbracci sono nel nostro cuore». Infine, anche il compagno Michele Bellandi, trattenendo le lacrime, ha dato il suo saluto pubblico alla psichiatra. L’uomo ha detto di sentirsi «sollevato perché la più grossa preoccupazione era renderle giustizia e far capire chi era: era piccolina ma fortissima, scattante, impossibile da fermare». «Barbara – ha spiegato – aveva intuito, intelligenza, competenze e voglia di aiutare e soprattutto sapeva sempre trovare le soluzioni. A 6 anni ha deciso di essere una psichiatra e ci è riuscita: la sua era una missione, non c’erano vacanze, chi provava a metterle i bastoni tra le ruote era sconfitto in partenza».


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