Al Bano si racconta: «Ho votato Pci ai tempi di Berlinguer, ora trovo interessante Meloni»

Il cantante, la valigia di cartone che l’ha portato a Milano, il matrimonio con Romina e la scomparsa di Ylenia

Al Bano Carrisi sarà ospite il 18 maggio dell’Arena di Verona per festeggiare i suoi 80 anni. Duetterà con Gianni Morandi, i Ricchi e Poveri, Umberto Tozzi, Iva Zanicchi e Renato Zero. Ci saranno anche Romina Power e i figli. In un’intervista al Corriere della Sera il cantante ripercorre la sua vita e la sua carriera. Partendo dalla scelta del nome. Che deve alla licenza del padre Carmelo dal fronte in Albania. «Fece la fuitina. E fui concepito io. Mia madre Jolanda aveva appena 18 anni. Mio padre le scriveva che gli albanesi lo avevano salvato e che se avessero avuto una femminuccia l’avrebbero chiamata Alba. Se un maschietto, allora sarebbe stato Albano». Il suo nome d’arte però si scrive in maniera diversa: «Me lo staccarono quando entrai nel Clan di Celentano. All’americana. E così è rimasto».


La valigia di cartone

Al Bano racconta che il padre, tornato dalla prigionia, aveva due regali per lui: un clarinetto e una fisarmonica. Poi comincia con la musica: «Il mio idolo era Modugno, che è cresciuto nel paese qui accanto, San Pietro Vernotico. Cantavo sempre, anche nei campi; e nei campi andavo già a sei anni. Papà mi ha insegnato a raccogliere le olive, curare la vite, selezionare le infiorescenze dell’uva. Lavoravo e studiavo. Ma al secondo anno di magistrale mi bocciarono». Chiese alla sua fidanzatina dell’epoca mille lire per comprare una chitarra. E se ne va a Milano con la classica valigia di cartone: «C’erano dentro due pantaloni, una bottiglia d’olio, qualche frisella». Il primo impiego fu in un ristorante: imparò a fare le pulizie, a preparare le pizze, a fare il caffè. Racconta anche di aver aperto i concerti dei Rolling Stones: «Dai loro camerini arrivava un odore mai sentito prima. Non era cioccolato: era marijuana».


La famiglia a Milano

Al Bano racconta di aver lavorato come operaio alla Innocenti: «Per resistere cantavo tutto il giorno. Mi dicevano “Terrone, piantala!”. E io rispondevo “goditela finché è gratis”». Nel 1965 entra nel Clan ed esordisce a Sanremo. Con il successo del primo singolo portò la famiglia a Milano: «Le ragazze cominciarono a inseguirmi, a Rimini ne trovai una in stanza, nascosta sotto il letto. Papà era contrarissimo: “Come faccio con il mulo? Mi è affezionato…”. “Vendilo!”. Così gli diedi otto milioni per comprare il trattore e un terreno. Ma a Milano don Carmelo Carrisi si trovò male. Si muoveva come al paese. Per strada diceva buongiorno a tutti, e nessuno gli rispondeva. Alla Rinascente trattava sul prezzo, come al mercato di Cellino, e lo mandavano via. Sul tram chiedeva al bigliettaio: “Quanto costa il biglietto? Quaranta lire? Dai, facciamo trenta”. Il bigliettaio lo faceva scendere. Dopo due settimane tornò qui in Puglia».

Il voto ai comunisti

Al Bano racconta ad Aldo Cazzullo anche che ai tempi di Berlinguer votava per il Partito Comunista: «Ho sempre scelto la persona. Ho creduto in Berlusconi: hanno tentato di ostacolarlo in tutti i modi, e alla fine si è infilato da solo nella trappola che si era costruito, quella delle donne. Ora trovo interessante la Meloni. Ma mio padre, oltre che dalla droga, mi aveva messo in guardia dalla politica». Ricorda il matrimonio con Romina Power e la scomparsa di Ylenia Carrisi: «Ho ricostruito quella notte ora per ora. Ho parlato con i testimoni. Ho incontrato Masakela, che era stato pure in galera, ma negava di avere colpe. Infine, ho interrogato l’ultima persona che l’ha vista, il guardiano del porto. Era seduta in riva al fiume, lui la avvisò: non puoi stare qui. Ma Ylenia non se ne andava. Il guardiano insistette, allora lei gli disse “io appartengo alle acque”, e si tuffò nel fiume, nuotando a farfalla. Lì capii che il guardiano stava raccontando la verità, perché Ylenia diceva quella frase da bambina prima di tuffarsi, e nuotava a farfalla. Ma il Mississippi non perdona. Romina non l’ha mai voluto accettare. Ma è andata così».

Il suicidio e Michael Jackson

Dice che ha pensato spesso al suicidio: «Ma poi ho capito che era la voce del demonio. E ho sentito anche la presenza di Dio. Ho provato una pace profonda. Mi sono detto: chi sei tu per giudicare Dio? Ricordati che anche Lui ha perso un figlio». Infine, ricorda il diverbio con Michael Jackson: «Mi copiò una canzone. Mio figlio Yari mi avvisò: papà, Will you be there è identica ai tuoi Cigni di Balaka! Finimmo in tribunale. Ci accordammo per un grande concerto di beneficenza all’Arena. Aveva già pagato le spese, quando morì. Al Bano & Michael Jackson: è il mio grande rimpianto».

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