Giorgio Minisini, l’azzurro medaglia d’oro e il sessismo per il nuoto artistico: «Mi chiamavano “checca”. Così ho superato depressione e bulimia»

Gli ostacoli e le vittorie nella carriera del campione azzurro raccontate nella sua autobiografia dal titolo emblematico «Il maschio»

«Un giorno a scuola un bullo mi si avvicinò e disse: “Ma tu sei quello che fa i balletti in acqua con le paillettes e i brillantini?”. Fu quella la prima di una lunga serie di umiliazioni. Mi chiamavano “sincrofrocio”, oppure “checca”». L’azzurro Giorgio Minisini, campione di nuoto sincronizzato si racconta al Corriere della Sera. Minisini è uno dei primi tre uomini a gareggiare nel nuoto sincronizzato, gli altri, agli Europei di nuoto dello scorso anno erano lo spagnolo Fernando Diaz Del Rio e il serbo Ivan Martinovic. Ventisette anni, è un eccellenza di questa disciplina: nel 2015, ai Mondiali di Kazan ha vinto due medaglie di bronzo. Il primo oro è arrivato a Budapest nel 2017 nel Duo Misto, poi la vetta nell’estate del 2022 ai Mondiali di Budapest con il doppio oro nel Duo Misto con Lucrezia Ruggiero. Una scelta sportiva la sua – racconta al Corriere – non semplice perché «non è facile provare a competere in un campo tradizionalmente riservato alle donne». Romano, nato in una famiglia di atleti (sua madre Susanna De Angelis è allenatrice di nuoto artistico), per lui le vasche sono da sempre il suo habitat. «Perché ho cominciato a fare nuoto artistico? Perché innanzitutto sono stato folgorato da Bill May , quando lo vidi nuotare in mezzo alle donne. E poi, sì, certo, volevo conquistare le ragazze». Ma le donne su lui pensavano tutt’altro. «Le racconto un aneddoto. Ero nello studio del fisioterapista e quando una delle colleghe ha cominciato a spogliarsi lì, le altre hanno detto: “Ma come, c’è Minisini…”. E lei, di rimando: “Vabbè, ma è Giorgio….”», spiega.


Nuoto sincronizzato, non solo una disciplina per femmine

Ironia a parte i momenti difficili non sono mancati. «Ho trascorso tanto tempo – aggiunge – a spiegare che, sì, di solito quel nuoto è praticato dalle donne ma che anche gli uomini lo possono fare; che no, non mettevo costumi brillanti ma un semplice costume nero; che no, non sono gay e che mi piacciono le donne; che quelli non sono “balletti”, ma dietro c’è una tecnica. E così via. Il tutto aggravato dal fatto che questa disciplina nelle grandi competizioni era interdetta ai maschi». La sfida contro gli stereotipi Giorgio la vince fuori e dentro le piscine. Non solo, il campione sta riuscendo a superare la depressione, scatenata probabilmente, dalla perdita recente del padre: «Io non mi ero accorto di nulla perché ogni emozione per me era riconducibile a stanchezza o a esaltazione. Non c’erano vie di mezzo, non avevo coltivato le sfumature. Per fortuna oggi sto riconquistando una nuova normalità. Anche grazie alla terapia farmacologica».


Minisini a la bulimia: «Chiedevo al mio corpo di andare sempre oltre. Stavo perdendo il controllo»

Minisini si racconta nel suo libro autobiografico dal titolo eloquente: «Il maschio», in uscita il 23 maggio per Sperling & Kupfer. Il 2018 è stato il suo anno terribile, quello in cui finalmente decide di affrontare anche i disturbi alimentari che il campione soffriva. «Ho scritto questo libro – rimarca il campione olimpico – anche perché vorrei che si capisse che dietro un atleta ci sono pressioni forti sebbene invisibili. Così in quell’anno cominciai a mangiare smodatamente: ogni volta che provavo odio per ciò che ero, mangiavo; quando mi sentivo in colpa per ciò che non ero diventato mangiavo. Mangiavo per saziare quella fame di successo e di gloria che, nel mio caso, non bastava mai. Perché oltre a essere un territorio quasi esclusivamente femminile, il nuoto sincronizzato soffre anche il fatto che viene visto come un “nuoto minore”, dove non si fa fatica. E allora io chiedevo al mio corpo di andare sempre oltre. Stavo perdendo il controllo». L’aiuto per superare quest’ultima battaglia è arrivato innanzitutto dalle persone che gli sono state più vicine «a cominciare da quella che allora era la mia compagna- spiega Minisini – Ma anche affrontare i disturbi alimentari non fu facile perché bulimia e anoressia sono associate alle donne. Un atleta in genere tende a non sentire fame, stanchezza, sete o tristezza. La performance e il risultato vengono prima. Così io mi sono accorto di essere vissuto per anni senza ascoltare il mio corpo, i miei bisogni, le mie fragilità. Oggi cerco di farlo con attenzione».

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