Venezia, il sindaco Brugnaro spiega agli studenti che sugli affitti sbagliano: «Basta uscire dal centro e i prezzi scendono»

Il primo cittadino insiste: da studente ho venduto tappeti e pulito ringhiere

Un paio di giorni fa il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro ha detto a uno studente che se si faceva fregare 700 euro per un posto letto non meritava la laurea. Oggi il primo cittadino in un’intervista a La Stampa ribadisce tutto. E dice che c’è chi pianta tende e chi invece si dà da fare. Ricordando che quando era studente ha «venduto tappeti e pulito ringhiere». «Rispetto chi protesta», premette oggi nel colloquio con Francesco Moscatelli. «Ma il mio messaggio ai giovani è: non è detto che aspettare la paghetta sociale o che lo Stato vi risolva i problemi sia la scelta migliore. Se poi la protesta delle tende è un momento di socialità, e dentro le tende si divertono anche, fanno benissimo. Dopodiché ribadisco: il mondo va avanti in un certo modo e gli adulti hanno il dovere di dire la verità ai ragazzi».


La protesta delle tende come momento di socialità

Brugnaro dice che «a Milano non è che uno deve per forza andare ad abitare sotto il Duomo o a Venezia in piazza San Marco. Un appartamento con un paio di stanze e una cucina, in periferia, si trova anche a 600-800 euro. Se dividiamo quella cifra per quattro non vengono certo fuori 700 euro a testa». Poi ricorda i suoi tempi: «Vendevo quadri e tappeti, pulivo ringhiere. Le occasioni di lavoro intermittente ti fanno capire com’è davvero il mondo del lavoro e ti aiutano anche a orientare gli studi. Anche oggi c’è chi pianta le tende e chi si dà da fare…». I conti delle proteste, per il primo cittadino, non tornano: «Quante tende ci sono? Qualche centinaio. Quanti sono gli universitari italiani? Decine di migliaia. Dopodiché son convinto che le proteste siano legittime e sacrosante. Io stesso al liceo facevo il rappresentante studentesco e protestavo perché non c’erano i laboratori. Saranno anche ragazzi in gamba, ci mancherebbe. Dico solo che non si fossilizzino aspettando che arrivi qualcuno che gli regala le cose. Perché il mondo, dopo l’università, non funzionerà così».


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