«È ancora pericoloso: aveva tentato “il delitto perfetto», perché il medico Amato resta in cella dopo l’omicidio di moglie e suocera

Secondo i giudici del Tribunale della Libertà di Bologna, ad Amato non possono essere concessi neanche i domiciliari, perché potrebbe procurarsi farmaci per tentare di uccidere ancora

Aveva provato a organizzare «il delitto perfetto» Giampaolo Amato secondo i giudici del Tribunale della Libertà che hanno respinto lo scorso 24 aprile la richiesta di scarcerazione per il medico di 64 anni accusato dell’omicidio di sua moglie, Isabella Linsalata, uccisa con un mix di farmaci lo scorso 31 ottobre 2021. Amato non aveva «agito sotto impulso irrefrenabile, ha freddamente organizzato un omicidio», spiegano i giudici secondo i quali il medico potrebbe commettere altri reati «per gelosia o per vendetta» nei confronti dell’altra donna conduci aveva una relazione o contro la cognata.


Amato con «astuzia e premeditazione» aveva provato a far cremare il corpo di sua moglie per riuscire a nascondere le cause della morte. Gesto fermato dalla sorella della vittima, che aveva chiesto l’autopsia che ha fatto poi emergere l’intossicazione acuta da xenobiotici: Midazolam e Sevoflurano. Quelle due stesse sostanza ritrovate anche negli esami svolti sulla suocera del medico, Giulia Tateo, morta 22 giorni prima di sua figlia e per il cui omicidio è indagato sempre Amato. Il medico aveva cercato di convincere i famigliari che sua moglie avesse espresso il desiderio di farsi cremare «a poche ore dal decesso», mentendo a tutti: «Era chiaro il piano di Amato – scrivono i giudici – la distruzione del corpo avrebbe definitivamente precluso ogni successivo accertamento circa la causa della morte della moglie».


«Personalità manipolatoria»

A pesare nella vicenda è stato anche il “movente economico”, sottolineano i giudici. Il medico viveva ormai da serata con sua moglie, «aveva tutto da perdere dal divorzio», mentre l’eredità dalla consorte «gli avrebbe assicurato una certa tranquillità anche in vista di una futura vita insieme alla nuova compagna». Altro piano naufragato, visto che anche la relazione con l’altra giovane donna è finita nei mesi successivi. Nei confronti dell’amante, Amato avrebbe sfruttato la sua «personalità manipolatoria» con l’obiettivo di non farsi denunciare dalle sue vittime, «come in effetti non lo ha denunciato né la prima moglie», né la giovane donna con cui aveva una storia. Un dettaglio che secondo i giudici «lo rende ancora più insidioso essendo capace di neutralizzare “ab origine” eventuali iniziative difensive delle sue vittime». La moglie non lo aveva denunciato neanche quando, nel 2019, aveva avuto un episodio di narcolessia. Dopo quel caso, la donna si sottopose alle analisi del sangue, scoprendo tracce di benzodiazepine. Nessuna denuncia anche dall’amante, nonostante dopo la morte della moglie, Amato sia stato protagonista di «esplosioni di rabbia» nei suoi confronti e «veri e propri atti persecutori». Quegli indizi di stalking per i giudici motivano il rischio che Amato possa reiterare i reati.

La reputazione

Il medico non si è fermato neanche davanti al rischio di rovinare la sua reputazione di stimato professionista e padre di famiglia. Una condizione che «non ha minimamente valso a frenare Amato nel concepire un atroce crimine, di progettarlo, di eseguirlo, nonché di occultarlo con insistite, callide manovre, allorché la sua vita familiare e sentimentale stava andando in direzione diversa da quella desiderata e unico rimedio era orientare il suo proposito omicidiario verso la consorte». Proposito spinto in modo decisivo dalla sua volontà di avere un futuro con la giovane amante senza problemi economici. Obiettivo che gli dava «una carica criminale inimmaginabile».

Pericoloso anche ai domiciliari

A fronte di tutto questo, secondo i giudici non è neanche possibile concedere ad Amato gli arresti domiciliari: «Ha dimostrato di possedere straordinarie capacità manipolatorie e ideative di complessi piani criminosi, pertanto, potrebbe procurarsi farmaci letali anche tramite canali non ufficiali, convincere le possibili vittime a recarsi all’interno del suo domicilio… o affidare ad altri la materiale realizzazione di condotte lesive, assumendo il ruolo di mero mandante». Era poi emerso delle intercettazioni «l’ossessione» del medico nei confronti della sua giovane amante e «il forte rancore» nei suoi confronti dopo la rottura della relazione. I giudici, infine, negano che Amato possa ancora inquinare le prove, considerando che «non ha compiuto alcuna attività concreta per ostacolare le indagini e ha contribuito, nel corso dei suoi interrogatori, a ricostruire i fatti materiali (sia pure, sul piano delle accuse, cercando di tenersi indenne da ogni responsabilità)».

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