Affitti brevi, la bozza del ddl: «Almeno 2 notti di soggiorno e multe fino a 5mila euro». Perché protestano i sindacati degli inquilini

Dal codice identificativo obbligatorio al contratto dalla durata minima di due notti: cosa breve il testo della bozza su cui lavora il ministero del Turismo

Scatta la stretta sugli affitti brevi turistici, ma i sindacati si oppongono. Come già anticipato nelle scorse settimane, è arrivata la bozza presentata da Daniela Santanché in cui è previsto un codice identificativo nazionale (Cin) assegnato dal ministero del Turismo a ogni immobile ad uso abitativo che ospita turisti. L’obiettivo del codice identificativo, secondo il Governo, «è quello di assicurare la tutela della concorrenza, della sicurezza del territorio e per contrastare forme irregolari di ospitalità». Il Cin dovrà essere pubblicato in ogni annuncio. Anche nei casi in cui venga ideato da intermediari. Chi non lo farà sarà punito con una sanzione da 300 a 3.000 euro e l’obbligo di rimuovere l’annuncio nell’immediato.


La durata minima di due notti

Per chi affitta ai turisti nei centri storici delle città metropolitane è prevista una durata minima del contratto di locazione di due notti, salvo nei casi in cui gli inquilini sono nuclei famigliari numerosi composti da almeno un genitore e tre figli. La durata minima non vale, però, per i comuni che hanno meno di 5mila abitanti. L’obiettivo del ddl ha spiegato la ministra si pone l’obiettivo «di fornire una disciplina uniforme a livello nazionale volta a fronteggiare il rischio di un turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali e a salvaguardare la residenzialità dei centri storici ed impedirne lo spopolamento».


L’ira dei sindacati degli inquilini

Ma la bozza del ddl genera scontento tra i sindacati degli inquilini. «Sembra risolversi in un compitino commissionato da proprietari di alloggi e associazioni alberghiere», dichiarano Sunia, Sicet ed Uniat Aps. «I temi della residenzialità, dell’overtourism, della crisi degli alloggi, della negazione del diritto allo studio, dell’espulsione dei residenti dalle città metropolitane e d’arte, non solo non vengono toccati, ma addirittura vengono ribadite le scelte normative che hanno portato a queste condizioni», fanno presente i segretari generali. Puntano il dito contro la prevista possibilità di non registrare all’Agenzia delle Entrate i contratti inferiori a trenta giorni e di non considerare attività commerciale quella svolta fino a 4 alloggi di proprietà locate a finalità turistica. Oltre alla conseguente concessione di agevolazioni fiscali come la cedolare secca a questi proprietari, i cui redditi – spiegano – «in molti casi, sono ben più consistenti di un piccolo albergatore di periferia». Infine, denunciano che è del tutto assente uno strumento per i Comuni di governare il fenomeno dell’overtourism «che tanti disagi sta creando ai residenti – oltre all’aver generato una crescita irresponsabile degli affitti e sottratto tutti gli alloggi alla disponibilità di famiglie e studenti -, il tutto in assoluta controtendenza rispetto a quanto si sta adottando nelle maggiori città europee».

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