L’infermiere indiano in Italia: «In UK guadagnano 500 sterline in 12 ore, io 1.600 al mese. Ma mia figlia sarà medico»

La reazione alla proposta del ministro Schillaci

Ieri il ministro della Salute Orazio Schillaci ha detto che l’India è tra i paesi che potrebbero fornire infermieri all’Italia in carenza di personale sanitario. «Una scuola infermieristica di alta qualità» quella del Paese più popoloso del mondo che ha già formato un professionista che in nel nostro Paese lavora da trent’anni. Antony Adassery, ha 55 anni, è arrivato in Italia quando aveva 23 anni, nel 1991. Ora vive a Savona e lavora a Millesimo, nella provincia ligure dov’è caposala in una residenza sanitaria. Il ministro si augura che Paesi stranieri possano «metterci a disposizione professionisti già ben formati, dal punto di vista sanitario e della conoscenza della nostra lingua», mentre imparare l’italiano è stato proprio uno degli aspetti più difficili da affrontare per Adassery. Ostacolo che l’infermiere è riuscito a superare, spianando la strada a sua figlia, futuro medico.


Le difficoltà

Per imparare l’italiano, «quando sono arrivato vivevo a Roma e mi sono iscritto a un corso dell’Università per stranieri di Perugia», racconta elencando le difficoltà. «Poi c’era il problema della comunicazione con i parenti rimasti a casa. A quei tempi era difficile avere contatti, non c’erano certo le videochiamate come oggi», spiega. Ciononostante, l’infermiere ha deciso di rimanere, lavorando in diverse strutture della penisola. Adassery è arrivato a Savona «attraverso alcune suore della Misericordia. Prima ho lavorato tre anni al San Raffaele di Milano. Guadagnavo di più ma non mi trovavo bene con la città». Come mai? «Troppo caotica. Si vive meglio qua in Liguria».


I vantaggi dell’Italia

Ma Adessery non ha studiato nella regione del Kerala, di dove è originario, bensì qui in Italia, dove è arrivato grazie «a un prete di Napoli». «Gli ho chiesto di aiutarmi a venire. Ho iniziato il corso nel 1991 e mi sono diplomato nel 1994». La differenza rispetto all’India, si è fatta subito vedere: «Qui un infermiere ha uno stipendio 10 volte più alto rispetto all’India. Certo, la vita è molto più cara ma si trova comunque il modo di risparmiare un po’. All’inizio mandavo i soldi a casa, ma ora i miei non ci sono più, quindi ho smesso», ricorda l’infermiere in un’intervista a la Repubblica a cura di Michele Bocci. Vantaggio economico che non ha lasciato indifferenti i conoscenti di Adassery, che ha aiutato ad arrivare in Italia: «Almeno una ventina, tra parenti e conoscenti che mi hanno contattato e chiesto aiuto».

Negli altri paesi pagano di più

«A Savona – continua – c’è una comunità di una settantina di infermieri, con le famiglie. Poi ci sono grandi gruppi di indiani che lavorano nella sanità a Milano, Roma e Genova». Riguardo la proposta di schillaci, Adassery dice la sua: «Se chiude l’accordo fa bene. Il punto è che vanno trovate le persone, perché adesso all’India arrivano richieste da tutto il mondo, anche da Paesi che pagano più dell’Italia». Anche perché «da quel punto di vista non ci sono problemi, chi studia da infermiere è già prontissimo a lavorare anche qua. La formazione è ottima, di alto livello». Mettendo insieme le due cose, Adassery ricorda che da tempo la sanità britannica fa affidamento sugli infermieri indiani. Un’opzione migliore di quella offerta dall’Italia: Pagano tantissimo. Sono stato di recente a Londra e un mio amico lavorando per le agenzie interinali prende anche 500 sterline per turni di 12 ore. Io sto sui 1.600 euro al mese». Chissà che non possa essere la strada di sua figlia, 20enne, studente di medicina a Genova, in attesa di sapere cosa farà la secondogenita, 17enne liceale.

Foto: la Repubblica

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