Conte e Speranza fuori dall’inchiesta Covid, archiviate le posizioni dell’ex premier e dell’ex ministro

La decisione del Tribunale dei ministri a Brescia sull’ex presidente del Consiglio e l’ex titolare alla Salute durante la pandemia

Il tribunale dei ministri a Brescia ha archiviato le posizioni dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex ministro della Salute Roberto Speranza indagati nell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della prima fase della pandemia di Covid in Val Seriana. A confermarlo all’Ansa fonti giudiziarie. Conte e Speranza erano accusati di omicidio colposo ed epidemia colposa. Si è deciso così di accogliere la richiesta fatta dalla Procura di Brescia al Tribunale dei Ministri a fine maggio. L’ex premier e l’ex ministro erano stati sentiti lo scorso 10 maggio per rispondere delle decisioni prese tra febbraio e marzo 2020, quando l’ondata di contagi stava colpendo innanzitutto la zona della bergamasca e non fu predisposta una zona rossa per isolare fin da subito i comuni di Nembro e Alzano Lombardo.


Mancano le prove

Nel provvedimento con cui il Tribunale dei ministri ha archiviato le posizioni dell’ex premier e dell’ex ministro della Salute si legge che «va innanzitutto detto che agli atti manca del tutto la prova che le 57 persone indicate nell’imputazione, che sarebbero decedute per la mancata estensione della zona rossa… rientrino tra le 4.148 morti in eccesso che non i sarebbero state se fosse stata attivata la zona rosa». Quindi secondo i giudici «non è configurabile il reato di epidemia colposa in forma omissiva, in quanto la norma in questione abbraccia la sola condotta di chi per dolo o per colpa diffonde germi patogenie quindi la responsabilità per omesso impedimento di un evento che si aveva l’obbligo giuridico di impedire risulta incompatibile con la natura giuridica del reato di epidemia». «La contestazione dell’omicidio colposo in relazione alla morte delle persone indicate in imputazione si basa (…) su una mera ipotesi teorica sfornita del ben che minimo riscontro», si legge nel provvedimento d’archiviazione.
L’affermazione si fonda sul fatto che, per i giudici, Andrea Crisanti, il microbiologo e consulente dei pm, «ha compiuto uno studio teorico ma non è stato in grado di rispondere sul nesso di causa tra la mancata zona rossa e i decessi».


La mancata zona rossa

Sull’accusa contestata all’ex premier Conte per la mancata istituzione della zona rossa nella Bergamasca, i giudici aggiungono che «non risulta che il presidente del Consiglio Conte, prima del 2 marzo 2020, fosse stato informato della situazione dei comuni di Nembro e Alzano Lombardo, stando all’imputazione». L’ex premier «avrebbe dovuto decidere circa l’istituzione della zona rossa» il giorno stesso». Per questo i giudici spiegano che «si tratta, evidentemente, di ipotesi irragionevole».

Il piano pandemico

Non solo per il tribunale dei ministri di Brescia «il piano pandemico del 2006 non era per nulla adeguato
ad affrontare la pandemia da Sars-CoV-2. Il Prof. Merler e il dott. Greco, tra gli autori del Piano del 2006, nelle sommarie informazioni da loro rese, si sono espressi in termini drastici circa l’inutilità di quel piano per affrontare la pandemia». Ma l’ex ministro Speranza si salva. «Il ministro – si legge nel provvedimento – lungi dal rimanere inerte, ha adottato le misure sanitarie propostegli dagli esperti di cui si è avvalso, che
peraltro, a livello europeo, sono state tra le più restrittive. Infine, anche ove fosse astrattamente prospettabile, cosa che non è, il reato di epidemia colposa per condotta omissiva impropria, data la natura stessa della pandemia da Sars-CoV-2, che ha coinvolto l’intera umanità, sarebbe comunque irrealistico ipotizzare che la stessa sia stata cagionata, anche solo a livello nazionale, da asserite condotte omissive quali quelle contestate al ministro Speranza». Per ciò «la notizia di reato, per entrambi gli indagati, è totalmente infondata».

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