Palermo, l’autolesionismo diventa una sfida sui social: «Le 12enni si tagliano e poi mandano le foto nei gruppi online»

La «challenge» è sintomo di un disagio profondo, spiega la giudice Paoletta Caltabellotta

L’autolesionismo torna a preoccupare sui social. In questo caso è la procura per i minorenni di Palermo a indagare sul fenomeno – self cutting in inglese – che in diversi gruppi online dell’area del capoluogo siciliano avrebbe persuaso almeno una decina di minori, soprattutto ragazzine tra i 12 e i 14 anni a procurarsi tagli profondi sulle braccia e altre parti del corpo. Sono stati genitori e insegnanti, con le loro segnalazioni a portare alla luce il problema. Sui promotori, attualmente ignoti, pende l’ipotesi di reato per istigazione al suicidio. Al momento la procura lavora con le immagini acquisite nei gruppi e prosegue gli accertamenti avvalendosi anche di diversi telefoni sequestrati, negli stessi giorni in cui l’Italia resta sconvolta dall‘incidente di Casal Palocco in cui un bambino di 5 anni è morto nello scontro tra una Smart e un Suv Lamborghini guidato da due youtuber intenti in una challenge.


Le cause

«Il self cutting è un fenomeno di recente emersione», sostiene la sostituta procuratrice per i minorenni Paoletta Caltabellotta nel corso del convegno sul disagio giovanile nel periodo post pandemia, organizzato ieri mattina al tribunale per i minorenni. «Un fenomeno in cui i partecipanti si riconoscono e si aggregano attorno ad un adolescente leader, la cui finalità è appunto quella di tagliarsi», ha aggiunto. Sulle piattaforme social, la costante condivisione delle prove fotografiche del proprio autolesionismo avviene «instaurando una sorta di competizione», continua il magistrato. La ragione? «Con quegli atti — tagli, abrasioni alla pelle delle braccia o di altre parti del corpo — i ragazzi provano a coprire un altro dolore», continua Cartabellotta a La Repubblica di Palermo.


L’inchiesta

Il sintomo di un disagio che sembra essere particolarmente forte tra i giovani palermitani, dato che qualche ragazzina ha rischiato anche la vita. «L’adesione a quei gruppi — dice ancora la dottoressa Caltabellotta — scaturisce proprio dal tentativo di superare le difficoltà collegate al disagio nella relazione con i pari, con i genitori, nella scuola». «Non è facile intercettare queste situazioni — spiega e Jessica Barattin, del nucleo Investigativo dei carabinieri — ma l’impegno dei carabinieri e di tutte le forze dell’ordine è massimo per cercare di cogliere situazioni di disagio che corrono sul Web».

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