Le inchieste sulle aziende di Daniela Santanchè e l’ipotesi dimissioni. Meloni: «Se rinviata a giudizio deve lasciare»

La paura di un’inchiesta che coinvolga La Russa. E la macchia sul governo. Lei: «Stronzate, basta. Indagata di cosa?»

Se per Daniela Santanchè dovesse arrivare un rinvio a giudizio dovrà dare le dimissioni da ministra del turismo. Parola di Giorgia Meloni, che ieri lo ha detto alla diretta interessata. L’occasione, racconta La Stampa, è stata un colloquio che ha fatto il punto sulle indagini che la lambiscono. Ovvero quelle su Visibilia e Ki Group Spa. Con i racconti sui fornitori non pagati, sui tfr mai percepiti e sull’uso della cassa integrazione durante il periodo della pandemia. Oltre alle accuse sulle operazioni finanziarie a danno degli azionisti di minoranza. Quello di Santanchè, è il ragionamento della premier, è un nome di peso all’interno di Fratelli d’Italia. Oltre che vicinissimo al presidente del Senato Ignazio La Russa. E quindi ogni risvolto giudiziario diventerebbe una macchia sulla reputazione del governo.


«Basta stronzate. Indagata per cosa?»

Per questo Meloni ha posto a Santanchè un limite alla difesa nei suoi confronti da parte dell’esecutivo. Adesso verrà protetta. Ma se arriverà un rinvio a giudizio sarà difficile evitare le dimissioni. Per una questione di opportunità politica. Che viene prima dei principi del garantismo. Lei invece di indagini non vuole sentire parlare: «Ma basta con queste stronzate. Indagata di cosa?». Nell’inchiesta su Visibilia si parlava di debiti con il fisco e di stato d’insolvenza: una situazione economica che aveva fatto chiedere ai pm il fallimento. Richiesta rientrata dopo il saldo delle spettanze dell’Agenzia delle Entrate. Santanchè, che per evitare conflitti di interesse sui balneari ha venduto a Flavio Briatore e al compagno Dimitri Kunz le quote del Twiga, sostiene che non ci sia nulla di cui preoccuparsi. «È sempre la stessa inchiesta. Non hanno trovato niente. Siamo usciti puliti da tutto», sostiene.


L’inchiesta e le dimissioni

Minaccia di portare in tribunale i giornalisti di Report per il servizio di domenica scorsa sulle due aziende. «Chi scrive che sono indagata dovrà risponderne in tribunale», sostiene. Nel frattempo però è sparita da ogni evento pubblico. Ma Meloni le ha chiesto di spiegarsi. Perché solo dopo un chiarimento pubblico lei potrà difenderla. L’incubo della premier è un’inchiesta che coinvolga anche La Russa e che occupi tutto il tempo della campagna elettorale per le europee 2024. E sempre La Stampa scrive che all’epoca dell’inchiesta sul fallimento Santanchè non avvertì Meloni di quello che stava succedendo. La premier seppe tutto dai giornali.

Open to fallimento

L’inchiesta di Report firmata da Giorgio Mottola e intitolata Open to Fallimento punta su Visibilia e Ki Group. Il programma ha mandato in onda testimonianze di dipendenti e fornitori storici. Parlando di «bilanci in rosso, lavoratori mandati a casa senza liquidazione, ditte messe in difficoltà, o addirittura strozzate, dal mancato saldo delle forniture». L’azienda di alimentare biologico Ki Group la ministra la acquista nel 2006 insieme all’ex compagno Canio Mazzaro. Tra 2018 e 2019 Ki Group accumula debiti con fornitore che arrivano a 8 milioni di euro. Viene creata una nuova società, la Ki Group srl, per inglobare i rami in attivo e lasciare i debiti alla “bad company”. Intanto i mancati pagamenti mandano in crisi AT&B, azienda licenziataria del marchio Verde Bio. E secondo Report l’azienda cede il ramo per una cifra vantaggiosa per non rischiare di fallire. Sempre nei passaggi societari ci sono licenziamenti e mancate corresponsioni del Tfr. Ma anche di debiti con dipendenti da decine di migliaia di euro.

Visibilia e la Cig

Poi c’è la cassa integrazione in Visibilia. L’azienda, di cui Santanchè non è più azionista di maggioranza, avrebbe mandato in Cig una dipendente senza avvisarla: lei ha continuato a lavorare normalmente. E c’è anche l’accusa di aver incassato fondi di inserzioni pubblicitarie senza girarli all’editore. Intanto nell’udienza civile in corso sulla causa intentata da un gruppo di azionisti di minoranza della società i pm sono andati all’attacco sulla passata gestione societaria. E hanno depositato consulenze tecniche, richieste dall’aggiunto Laura Pedio e dal pm Maria Gravina, dalle quali emergerebbero irregolarità finanziarie e di bilancio nei conti di Visibilia Editore. Nella causa, davanti ai giudici Simonetti-Marconi-Zana, gli azionisti di minoranza, titolari di una quota superiore al 5% del capitale, hanno denunciato una serie di gravi irregolarità a partire dal 2019 nella gestione. Con conseguente «danno alla Società, al corretto funzionamento del mercato azionario, nonché agli azionisti».

La nuova udienza

Il 7 marzo l’assemblea di Visibilia Editore ha nominato un nuovo Consiglio di amministrazione. Nell’udienza di aprile i giudici hanno dato tempo ai nuovi amministratori di depositare documenti e relazioni sulla «azione concreta» della nuova gestione. Nel frattempo, sul fronte del Tribunale fallimentare e delle varie società del gruppo, la Procura nei mesi scorsi aveva già ritirato le richieste di liquidazione giudiziale per Visibilia Holding e Visibilia Editore. Mentre Visibilia srl in liquidazione si è mossa su due strade: il concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione del debito. Resta ancora l’istanza di liquidazione giudiziale (il vecchio fallimento) per Visibilia Concessionaria, che ha chiesto di poter accedere alla procedura di composizione negoziata della crisi di impresa. E una nuova udienza è fissata per fine settembre.

La bancarotta

La risoluzione delle varie situazioni di crisi delle società del gruppo potrebbe portare i pm a non contestare, nella chiusura dell’inchiesta penale, l’accusa di bancarotta. Santanchè è stata presidente e Ad di Visibilia Editore tra il 2016 e il gennaio 2022. Poi ha dismesso le quote. Anche la contestazione di falso in bilancio, segnalata negli atti della Gdf di Milano che conduce l’indagine, era scattata a partire da un esposto dei soci di minoranza di Visibilia. E si concentra, come risulta da un’informativa, sul fatto che dal 2017 il cda della società «avrebbe dovuto approvare bilanci riportanti valori di avviamento e imposte anticipate largamente diversi da quelli deliberati». Gli stessi soci di minoranza, inoltre, hanno lamentato perdite «costanti». E un «continuo ricorso ad aumenti di capitale».

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