Torino, patrigno violento condannato a 10 anni per tentato omicidio: «Calci e pugni al bambino legato»

Nelle 36 pagine della sentenza di condanna, il giudice parla di «molteplici episodi di aggressioni e violenze», che sarebbero frutto di una «personalità violenta e autoritaria»

A Torino un 26enne è stato condannato a 10 anni di carcere per tentato omicidio, maltrattamenti e lesioni. L’accusa è di aver esercitato violenza fisica e psicologica nei confronti del figlio della compagna, picchiato e maltrattato in diverse occasioni. Fino a quando quelle botte non l’hanno quasi ucciso. Nella sentenza di 36 pagine con cui il Gup lo ha condannato a 10 anni di reclusione, l’uomo – di origine marocchina – è accusato di aver «martoriato il corpo del piccolo», che all’epoca dei fatti aveva appena 6 anni, e «anche dopo avergli legato le mani dietro la schiena» di aver continuato a colpirlo. «Pur a fronte della grande sofferenza del bambino, non lo ha nemmeno portato al pronto soccorso, minimizzando e nascondendo i fatti», scrive il giudice. La lunga sequenza di maltrattamenti è venuta alla luce il 14 gennaio 2022, quando la madre del piccolo ha trovato il figlio a letto, dolorante e incapace di alzarsi. Il patrigno lo aveva preso a pugni in pancia perché aveva vomitato in auto. Ed è stato proprio l’intervento della donna a salvare la vita del bambino di 6 anni. «Solo l’improvvisa presa di coscienza della madre e soprattutto l’intervento chirurgico hanno evitato la morte», sottolinea il gup.


I maltrattamenti

Dalla sentenza di condanna emerge che il piccolo era stato convinto – tramite ripetute minacce – a non rivelare niente agli amici o alla madre. «Se tu dici qualcosa, ti portano via e non vedrai mai più né mamma né nonna… ti portano in un posto lontano», diceva l’uomo al suo figliastro. E lui davanti alla psicologa si teneva alla sua versione: «Sono caduto». Inizialmente, anche la madre ha mentito ai medici per evitare le botte del compagno: «È caduto dalle scale», aveva provato a giustificarsi il giorno in cui il piccolo è stato ricoverato. Poche settimane più tardi, quando l’uomo finisce in carcere per altri reati, le versioni della donna e del bambino cambiano, «disvelando l’effettiva gravità dei maltrattamenti e delle violenze cui erano sottoposti», scrive il gup.


La difesa dell’uomo

Nelle 36 pagine della sentenza di condanna, il giudice parla di «molteplici episodi di aggressioni e violenze», che sarebbero frutto di una «personalità violenta e autoritaria». Basilio Foti, avvocato difensore dell’uomo, ha chiesto la riqualificazione delle accuse in lesioni gravissime, sostenendo che il suo assistito non ha mai voluto uccidere. «Il bimbo stava male e vomitava, credevo lo facesse per dispetto. L’ho colpito diverse volte, non mi sono reso conto di aver esagerato», ha ammesso l’uomo.

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