Mandò un sms all’amante: «Se muoio, è stata mia moglie». Ma i giudici la assolvono: perché c’erano segni di aggressione sul cadavere

L’uomo, malato di tumore e dedito all’alcol, aveva mandato un messaggio all’amante che aveva poi denunciato il caso ai carabinieri

È finito con l’assoluzione da parte della Corte d’Assise di Torino il calvario di Gaia P., 49 anni, che rischiava una condanna pesantissima per un sms mandato da suo marito all’amante poco prima di morire. In quel messaggio, Ettore Treglia, 50 anni, aveva scritto: «Se mi succede qualcosa, è stata mia moglie». Abbastanza per allertare la donna che si trovava in Puglia e spingerla a denunciare il caso alla procura. Gaia P. però aveva ripetuto fino all’ultimo in aula di essere sempre stata estranea alla morte di suo marito: «Non l’ho ucciso», ripotava prima di scoppiare in lacrime alla lettura della sentenza che l’ha assolta perché «il fatto non sussiste». La donna aveva spiegato che la notte del 5 aprile 2021 era andata a dormire. Il mattino dopo l’uomo, già in gravi condizioni di salute, era stato trovato morto.


Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Treglia beveva molto nonostante la terapia oncologica che doveva seguire. Quando la moglie lo ha ritrovato a letto che non respirava più ha chiamato i soccorsi. Il medico legale non aveva trovato alcun segno di violenza sul suo corpo, stabilendo in quell’occasione che si era trattato di una morte naturale. Poco prima della cremazione però c’è stata la svolta. Una donna dalla Puglia si è presentata ai carabinieri e ha mostrato loro i messaggi dell’uomo. Con Treglia aveva una relazione clandestina da tempo e poco prima di morire le aveva mandato quegli sms inquietanti. Perciò il pm Paolo Cappelli aveva fermato i funerali e disposto l’autopsia, da cui era emerso che l’uomo fosse morto soffocato. A quel punto per gli inquirenti sono cresciuti i sospetti di un omicidio e quei messaggi potevano essere segnali premonitori.


Quando però si è aperto il processo, è accaduto un altro colpo di scena. L’esame autoptico era stato invalidato, perché la moglie della vittima al momento dell’esame non era stata ancora indagata, ma anzi compariva nelle indagini come persona offesa in quanto parente della vittima. Invalidata l’autopsia, per le indagini restavano valide solo le foto del cadavere. Secondo il medico legale Roberto Testi, incaricato dalla Corte come perito, dalle immagini emergeva che l’uomo era stato aggredito e strangolato. Invece il perito della difesa, Lorenzo Varetto, sosteneva che non c’erano elementi sufficienti per confermare le dichiarazioni del collega. I giudici alla fine hanno creduto alla versione della moglie della vittima, che ha raccontato cosa fosse avvenuto prima di morire: «Ha tentato di fare sesso con me e io l’ho respinto con fatica, facendo forza con le mani sul collo, sulle spalle e sul torace per allontanare il suo volto dal mio».

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