Micciché in procura: «Sì uso cocaina, ma Di Ferro non è uno spacciatore». Lo chef confessa: «Gliela fornivo senza guadagno»

Il titolare del ristorante Villa Zito di Palermo ha ammesso di aver fornito droga a Micciché e Giancarlo Migliorisi, ex componente dello staff dell’attuale presidente dell’Ars

L’ex senatore di Forza Italia Gianfranco Micciché ha ammesso davanti ai pm di fare ancora uso di cocaina, acquistata tramite il suo amico Mario Di Ferro, il titolare del ristorante Villa Zito di Palermo finito agli arresti domiciliari per cessione e spaccio di droga. Nell’interrogatorio di ieri 5 luglio durato tre ore davanti ai pm, Micciché ha ammesso di essersi rivolto allo chef per comprare la droga, spiegando però che Di Ferro non è uno spacciatore, essendosi limitato solo a fare da tramite con i fornitori non guadagnando mai nulla da quei passaggi. Dall’indagine era emerso che l’auto blu di Micciché era stata vista più volte arrivare al ristorante, facendo sospettare agli inquirenti che in quelle occasioni si svolgeva anche l’acquisto della cocaina. Subito dopo la diffusione delle intercettazioni, Micciché al Corriere della Sera aveva negato di fare ancora uso di cocaina, pur ammettendo di averlo fatto in passato, come aveva già rivelato.


Il ristoratore confessa

Ammissioni sono arrivate oggi anche da Di Ferro, indagato insieme a tre dipendenti del suo locale. Al gip Di Ferro ha spiegato: «Facevo uso di stupefacenti e con alcuni amici di una vita accadeva che io mi procurassi la cocaina e gliela facessi avere. Poi loro mi davano i soldi che avevo speso, ma io non ho mai guadagnato nulla dalla cessione di stupefacenti. Era una cortesia tra persone che fanno uso di droga». Di Ferro ha così confermato quel che aveva già detto Micciché il giorno precedente, ammettendo di aver fornito cocaina all’ex senatore di Forza Italia e a Giancarlo Migliorisi, ex componente dello staff dell’attuale presidente dell’Ars. Di Ferro ha poi negato di aver mai dato eroina al cantante Analfino, anche lui finito nelle intercettazioni dell’indagine. Il ristoratore ha detto che quelle parole carpite dagli inquirenti erano un gioco tra amici: «Stavamo scherzando al telefono». Di Ferro ha poi spiegato di aver cominciato un percorso di disintossicazione.


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