Quella volta che Berlusconi rubò una prefazione a un prof: «Colpa della segretaria»

La vecchia storia della riedizione di Utopia di Tommaso Moro torna in auge

Nell’infinita serie di aneddoti che riguarda Silvio Berlusconi ora torna in auge anche la prefazione rubata. Ed è una delle più famose. Ovvero quella del libro di Tommaso Moro Utopia, che racconta un paese ideale in cui il potere legislativo e giudiziario è in mano ai cittadini. Il tomo “Libellus vere aureus, nec minus salutaris quam festivus de optimo rei publicae statu, deque nova insula Utopia” risale al 1516. E Berlusconi ha sempre detto di adorarlo in quanto l’utopia di Moro rispecchiava la sua visione politica. Questo amore portò l’ex premier a firmare una prefazione a un’edizione pregiata, arricchita da una perfetta traduzine dal latino. Con un dettaglio: la prefazione risultò copiata da quella del professor Luigi Firpo, docente di storia delle dottrine politiche.


La storia di Luigi Firpo e dell’ex premier

Il Fatto Quotidiano racconta che Firpo si accorse della storia ascoltando in tv un’intervista a Berlusconi. Nella quale si vantava sia della prfazione che della traduzione: «Be’, in effetti il latino non lo conosciamo tutti…». Dopo le prime due frasi il prof si riconosce: «Ma quella prefazione è la mia! È tutta copiata! Ma chi è questo signore? Ma come si permette?». La vedova Laura ricostruisce la vicenda: «Si attaccò subito al telefono per avere quel libro. Gli risposero che era un’edizione privata, in pochi esemplari, riservata all’entourage del Cavaliere. Ma lui riuscì a procurarsi una copia in visione. La sfogliò e sbottò: “Non è un plagio, è peggio! Quello ha copiato non solo interi brani della mia prefazione, ma anche la mia traduzione integrale dal latino, mettendoci la sua firma. Non ha cambiato nemmeno le virgole!”».


La prefazione rubata

A quel punto Firpo scrisse a Berlusconi, intimando di ritirare subito tutte le copie pena la denuncia. Qualche giorno dopo lo stesso Berlusconi si scusò per telefono: «Incolpò subito una collaboratrice, che a suo dire aveva copiato prefazione e traduzione a sua insaputa. E implorò Firpo di soprassedere, pur precisando di non poter ritirare le mille copie già stampate e regalate ad amici e collaboratori. Firpo, capito il personaggio, cominciò a divertirsi alle sue spalle. Lo teneva sulla corda con la causa. E Berlusconi continuava a telefonare un giorno sì e uno no, con una fifa nera. Pregava di risparmiarlo, piagnucolava che uno scandalo l’avrebbe rovinato. Firpo passava mezze ore al telefono con lui. E correva a raccontarmele: “Sapessi quante barzellette conosce. È un mercante di tappeti, una faccia di bronzo da non credere, sembra di essere in una televendita”».

La corrispondenza

L’ex premier, secondo l’aneddoto, implorò Firpo di soprassedere. E il docente cominciò a divertirsi alle sue spalle. Firpo passava intere mezz’ore al telefono. Senza mai scusarlo. Anzi, minacciandolo di rivelare tutta la storia. A quel punto Berlusconi cominciò a scrivergli. Le lettere sono custodite negli archivi della Fondazione Firpo. L’ex cavaliere inviava anche regali. E pubblicò un’edizione riveduta e corretta della prefazione. Un giorno vicino al Natale arriva un pacco con una valigetta ventiquattr’ore in coccodrillo e le cifre LF in oro. Il biglietto d’accompagnamento è intestato Silvio Berlusconi, datato “Natale 1986” e scritto a penna: «Molti cordiali auguri ed a presto… Spero! Silvio Berlusconi». Poi una frase aggiunta a biro: «Per carità, non mi rovini!!!».

L’ultimo sberleffo

A quel punto il professore rispedisce la lettera e il dono e anche i fiori per la moglie. Con un biglietto d’accompagnamento: «Gentile dottore, la ringrazio della sua generosità, ma gli oggetti di lusso non mi si confanno: sono un vecchio professore abituato a girare con una borsa sdrucita a cui sono molto affezionato. Quanto ai fiori, la prego anche a nome di mia moglie Laura di non inviarcene più: per noi, i fiori tagliati sono organi sessuali recisi». Da quel giorno Berlusconi lasciò perdere.

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