La depressione, i farmaci, l’infanticidio: chi è Elisa Roveda, la mamma che ha strangolato il figlio a Voghera

La madre l’ha trovata sdraiata sul letto in stato confusionale. Il nonno: «Suo marito non doveva lasciarla sola». I segnali di pericolo

Elisa Roveda soffriva di depressione post partum. Aveva paura di guidare e per questo c’era sempre qualcuno con lei. Ieri, quando il marito Maurizio Baiardi è uscito per andare a lavorare, in casa sua in via Mezzana a Voghera era in arrivo la donna che l’aiutava con le pulizie e con il bambino. La nonna Angela Cullaciati stava arrivando. Ma quando è entrata in casa Luca era già morto. Strangolato. Elisa si trovava sdraiata sul letto in stato confusionale. Il corpo del bambino era a fianco a lei. Angela ha constatato il decesso del piccolo di un anno e ha chiamato ambulanza e carabinieri. Il nonno Marco Roveda oggi dice che il genero non doveva andarsene: «Gli avevo detto di non lasciarla sola. Ha sbagliato». Roveda è stata arrestata. La salma del piccolo è stata trasferita all’Istituto di Medicina Legale dell’ospedale di Pavia per l’autopsia.


«Ho ucciso mio figlio»

Ai carabinieri la donna ha detto una sola frase: «Ho ucciso mio figlio». L’appartamento è stato sequestrato. Luca avrebbe compiuto un anno il 30 luglio prossimo. «Aveva la depressione post partum», spiega una vicina oggi a La Stampa. «Mio marito mi ha chiamato subito dopo le grida. È andato nell’appartamento, poi è scappato via», spiega. Per la diagnosi Elisa Roveda prendeva farmaci ogni giorno attraverso un’iniezione. «Un mese e mezzo fa aveva fatto la prima visita dai dottori», spiega Marco Roveda parlando della figlia. «Pochi mesi dopo il parto ha avuto un esaurimento. Non andava lasciata sola», aggiunge. Elisa Roveda lavorava part time presso un commercialista. Aveva sposato Maurizio Baiardi nel 2017 dopo una lunga convivenza. Dopo la nascita di Luca era andata in maternità. «Si sentiva sempre stanca», raccontano i vicini parlando della depressione.


Depressione post partum

Per questo la madre non si fidava a lasciarla sola. Il bambino lo volevano da 5 anni. «Aveva un esaurimento post parto, questo mi hanno detto. Ma Luca non lo doveva toccare. Magari a volte non dormiva, non guidava più, magari le dava fastidio il bambino. Aveva anche problemi a lavoro. Ma non si sfogava col bambino. Aveva paura a stare in casa, a volte dormiva dalla mia ex moglie pur di non restare sola», dice oggi il nonno del bambino. La relazione tra i due «andava bene, non si stavano separando. Convivevano da anni, erano sposati dal 2017. Avevano tanto voluto Luca, ma io glielo avevo detto. Non si fanno figli a 44 anni. I bambini bisogna averli da giovani». Sulla figlia che aveva bisogno di aiuto Marco Roveda dice che «abbiamo cercato di intervenire. Io ho sempre detto a Maurizio, quando lo incontravo ogni sera, di chiamarmi qualsiasi cosa avessero bisogno. È andato a lavoro lasciandola sola».

«Un bimbo bellissimo»

Non aveva sofferto di depressione in passato: «È sempre stata normale mia figlia, non aveva problemi. Non la vedevo da 15 giorni, l’avevo incontrata con la mia ex moglie e il bambino nel passeggino. Ma non c’erano segnali che potesse accadere questo. Luca era un bimbo bellissimo…». Alberto Siracusano, professore ordinario di psichiatria all’università di Tor Vergata a Roma, spiega al Messaggero che i ritmi della società di oggi non aiutano le mamme. Che non vanno mai lasciate sole: «Non deve sentirsi isolata e sopraffatta». Per il professore i disturbi dell’umore dipendono da vulnerabilità specifiche della persona. Ma anche dai cambiamenti ormonali per il parto. «I veri fattori di rischio si possono valutare anche al momento del concepimento», spiega.

I segnali

Siracusano spiega quali sono i segnali d’allarme: «Se ci accorgiamo che la donna ha meno interesse per il bambino, per i bisogni del piccolo e per i propri, potrebbe essere una forma di depressione». Anche il senso di solitudine dopo il parto «può essere considerato un fattore di rischio». Così come il rifiuto di interagire con il bambino. «La mamma non va mai lasciata sola. Dobbiamo sostenerla e starle accanto. È importante che non si senta isolata. E non va colpevolizzata se vive male il fatto di essere mamma».

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