«Una legge (sull’aborto) per tutt*»: ma è polemica sull’asterisco nel manifesto

Favorisce l’inclusione, ma qualcuno trova ridicolo chiamare le donne «persone con utero»

L’aborto è di tutt*? O di tutte? Questa la domanda sulla quale si stanno scontrando due fazioni. Tutto comincia con un manifesto a favore dell’ampliamento del diritto all’interruzione di gravidanza. «Firma con noi. Una legge per tutt*», si legge in questi giorni sui social nell’ambito campagna promossa a da Radicali Italiani e dalla rete Libera di Abortire nata in seno al movimento. Se da un lato c’è chi apprezza la scelta, c’è chi ritiene che quell’asterisco leda l’efficacia della battaglia per garantire un’interruzione di gravidanza più libera. Così si inserisce l’ex deputata del Pd Anna Paola Concia: «Asterisco? Ma quale asterisco? Ma smettetela per favore, state facendo un danno incalcolabile al diritto alla interruzione volontaria di gravidanza delle donne, di tutte quelle donne che come me hanno lottato per voi», scrive ripubblicando il manifesto condiviso dal profilo Twitter di Possibile, di Pippo Civati. La Proposta di legge che punta a superare la 194 fa parte del pacchetto di proposte di legge di iniziativa popolare su cui Radicali Italiani sta raccogliendo le firme in tutta Italia.


La bitransfobia

Così c’è chi si schiera con Concia e chi contro di lei. «Cosa ti disturba di quel tuttɜ si può capire? dovevano dire tutte e tutt*? siamo d’accordo che sarebbe ora di includere queste soggettività nella campagne e nelle policy sanitarie che riguardano i corpi di persone con utero? Spiegati meglio se non sei in mala fede», la incalza un utente. Le soggettività sono le persone trans e non binarie, che non rientrano nella scelta di usare il femminile puro. Ma a rispondere è una terza, che si inserisce nella discussione, che tira in mezzo il genere maschile: «A lei piacerebbe essere definito “persona con testicoli”? O “persona con scroto”? Le donne ormai vengono definite così: “persona con utero”». E così, sui social, chi sceglie il femminile viene accusato di transfobia, stigmatizzazione, e misgendering; mentre chi preferisce il neutro elitismo, snobismo, classismo. In una battaglia che sembra non avere una scala di grigi.


L’identità femminile

Beatrice Brignone, segretaria di Possibile, sicuramente non si aspettava questi attacchi, ma risponde nel merito dicendosi basita: «La trovo una polemica stupida e deprimente, oltre che assurda mentre governa una destra che punta a smantellare i diritti. Cosa cambia se c’è l’asterisco? La mia identità di donna non è sminuita in alcun modo dall’assenza di una desinenza». E a chi sostiene che l’uso del femminile possa apparire transfobico risponde, citata da Repubblica: «Capisco che nel contesto specifico possa apparire una accusa esagerata, ma meglio una sentinella in più che il silenzio sui diritti». Invita poi Concia a guardarsi allo specchio e a farsi qualche domanda. Ad esempio queste: «E se una persona trans
viene violentata e rimane incinta, perché dovrebbe essere esclusa? A chi nuoce allargare?».

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