L’indagine sul reddito di cittadinanza: «Un bancomat che serviva da propaganda per il M5s». Tridico: «Accuse infondate»

“La Verità” parla di un accordo tra Inps e governo Conte per non effettuare controlli. Tridico smentisce la notizia di un’inchiesta in un’intervista a Open

Un’inchiesta della Corte dei Conti sui mancati controlli per il reddito di cittadinanza metterebbe nel mirino l’ex presidente dell’Inps Pasquale Tridico. A riportare la notizia, smentita da Tridico, è il quotidiano La Verità. L’indagine sarebbe partita a novembre da un esposto anonimo. Nel frattempo la denuncia avrebbe ricevuto un’integrazione. E il dossier sarebbe arrivato anche alla procura della Repubblica di Roma. Dove si ipotizzano i reati di abuso d’ufficio e di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Secondo le carte di cui parla oggi La Verità l’accusa nei confronti di Tridico è di aver utilizzato strumentalmente l’Inps come un bancomat a fini politico-elettorali. E come agenzia di propaganda del Movimento 5 Stelle. «Si è trattato di voto di scambio pagato con soldi pubblici», si scrive nella denuncia riportata dal quotidiano. Dove si ipotizza anche che Tridico non abbia vigilato sulle truffe che sono costate oltre un miliardo di euro. Una versione che è stata rigettata dall’ex presidente dell’Inps che in questa intervista a Open racconta la sua versione.


La versione de “La Verità”

Secondo i denuncianti, l’istituzione stessa del reddito di cittadinanza è stata una scelta «imposta da pressioni politiche sull’istituto». Per «erogare una prestazione a pioggia a tutti i richiedenti, a prescindere dalla spettanza o meno del diritto». Il tutto «ai fini del ritorno elettorale dei partiti di governo». All’epoca dell’istituzione del reddito di cittadinanza il governo Conte era retto da una maggioranza formata dalla Lega e dal M5s. La Corte dei Conti avrebbe già acquisito la documentazione per verificare la corretta gestione dell’erogazione e dei controlli. Tridico, nel suo libro Il lavoro oggi, la pensione domani aveva scritto che era necessario controllare prima di erogare il sussidio: «Lo Stato dovrebbe fare come le banche prima di erogare un mutuo. Ovvero verificare in profondità la situazione del richiedente, senza fidarsi di autocertificazioni».


Le truffe

Il reddito è stato spesso al centro di indagini per truffe. A febbraio scorso è emerso che alcuni esponenti dei clan Spada e Casamonica percepivano il sussidio. Un raggiro di un Caf a Roma è stato scoperto di recente dalla Guardia di Finanza e ha portato a 130 indagati. Altri 300 cittadini stranieri sono stati denunciati a Cagliari. Negli anni sono emerse le truffe con le carte prepagate e una talpa all’Agenzia delle Entrate che lavorava sulle residenze fasulle. La Verità sottolinea anche un altro aspetto. Ovvero quello della residenza. Per le procedure informatiche di Inps la circostanza che centinaia di persone avessero la residenza nello stesso luogo non è mai stato considerato un impedimento alla percezione del sussidio. La conseguenza è stata che a Milano in 518 hanno dichiarato di risiedere nello stesso palazzo di via Selinunte. A Roma in 1.234 hanno fatto la stessa cosa in via Modesta Valenti.

Le domande fasulle

Secondo la procura le domande fasulle riguardavano persone che venivano dall’est dell’Europa che non avevano mai lavorato in Italia. In totale, secondo i numeri dell’Inps, 1,7 milioni di domande sono state respinte. Tridico ha parlato di 3,2 milioni di domande respinte. La Corte dei Conti starebbe indagando anche per verificare l’esistenza di un eventuale danno erariale. Collegato a una condotta «omissiva dei propri doveri» in relazione ai controlli da effettuare. Secondo i numeri della denuncia le irregolarità riguardano il 6% dei percettori totali (e non l’1%). Ma la denuncia alla Corte dei conti evidenzierebbe anche che «i vertici ed organi dell’Inps e del ministero del Lavoro hanno espressamente indirizzato gli uffici amministrativi invitandoli a non compiere controlli generalizzati incrociando i dati dei propri archivi informatici». Per i denuncianti «sono stati compiuti controlli solo parziali e selettivi».

I mancati controlli

E ancora: «Il tasso di controllo risulta essere inferiore all’1% del totale». Probabilmente, quando Tridico dice che le truffe sul Reddito di cittadinanza si attestano all’1%, si riferisce al fatto che l’Istituto da lui presieduto ha fatto verifiche su non oltre all’1% delle domande presentate. Nella denuncia si legge anche che con il Reddito di cittadinanza si è assistito «a un fenomeno del tutto aberrante, per cui l’Inps e il ministero del Lavoro, sulla base di una strumentale interpretazione delle leggi, che risulta illogica, irragionevole e fuorviante, hanno completamente declinato i controlli e le verifiche previste per legge e a essi espressamente attribuiti, di fatto assicurando a tutti i richiedenti, indistintamente, l’erogazione della prestazione previdenziale (senza nemmeno l’accertamento del diritto), demandando ad una fase successiva gli eventuali controlli, eventuali revoche e recuperi».

Le presunte colpe di Inps

Non solo. Inps avrebbe anche «omesso di attivare anche dei semplici meccanismi di incrocio di dati informatici (quelli delle domande pervenute e quelli delle richiamate banche dati degli archivi informatici gestiti o condivisi da Inps)». E all’Inps, spiega la denuncia, non mancavano certo i mezzi, visto, che nel testo sono elencati diciassette «archivi informatici» dell’Istituto, gestiti direttamente o in condivisione, che a norma di legge avrebbero dovuto essere utilizzati per le verifiche preventive e i controlli sul Reddito. Quello con Aci sui beni durevoli è stato fatto solo nel 2021, a due anni dall’istituzione del sussidio.

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