Agrigento, lasciano il ristorante perché «la cuoca è nera»: in cucina c’è la chef pluripremiata Mareme Cisse

L’episodio di razzismo al Ginger People&Food di Carmelo Roccaro, che ha raccontato l’accaduto sui social

Sono entrati, sono stati fatti accomodare, hanno parlato con una cameriera e se ne sono velocemente andati. Così Carmelo Roccaro, presidente della cooperativa sociale Al Karhub che gestisce il ristorante Ginger People&Food di Agrigento, poco distante dalla Valle dei Templi, racconta quanto accaduto alcuni giorni fa. E lo fa con una «lettera a una sconosciuta», pubblicata su Facebook, rivolta alla – quasi – cliente che ha abbandonato il suo locale dopo aver saputo dalla cameriera, una ragazza di seconda generazione, che in cucina c’era una cuoca nera. Abbastanza per farsi passare l’appetito e imboccare rapidamente il vialetto d’uscita, senza che Roccaro riuscisse ad avvicinare la coppia per chiedere spiegazioni. Ma forse non erano necessarie. Così nel suo post Roccaro si rivolge ai due ospiti, una coppia di italiani sui 60 anni, ringraziandoli per aver «avuto la coerenza di dire quello che tante persone, concittadini, amici pensano ma non hanno il coraggio di ammettere», ossia di essere razzisti. Non lascia molti dubbi il racconto di Roccaro e Karima, la responsabile di sala che li ha accolti: «Dopo avere visto il menù la signora mi ha chiesto se per caso la proprietaria del ristorante fosse una signora di colore. E alla mia conferma si è alzata dicendo che non voleva più cenare qui». In cucina c’è Mareme Cisse, 42 anni, originaria del Senegal e in Italia da più di 10 anni per ricongiungersi con il marito. Qui si è dedicata a una carriera nella ristorazione, lavorando come chef e ottenendo anche premi e riconoscimenti, come quello internazionale per il miglior cous cous nel 2019. Cisse è anche nel consiglio di amministrazione della cooperativa che gestisce il Ginger People&Food di Agrigento, fondato nel 2016.


La lettera alla cliente

«Sei entrata di fretta, con il tuo compagno, capelli brizzolati, tagliati cortissimi “alla Sinéad”, donna nostrana sulla sessantina circa. Sei stata accolta con il sorriso dalla nostra Karima, addetta di sala, giovane ragazza di seconda generazione, grande lavoratrice, che ti ha fatto accomodare dove volevi tu», spiega nel post Roccaro, «dopo qualche minuto ti ho visto alzare da tavola, disturbata, e dirigerti verso l’uscita. Ti sono venuto incontro per capire cosa stesse succedendo ma non mi hai degnato di uno sguardo e, alquanto seccata, non hai neanche risposto al mio saluto e sei andata via, così. Karima mi guardava con gli occhi sgranati e a bocca aperta dicendomi “Dopo avere visto il menù la signora mi ha chiesto se per caso la proprietaria del ristorante fosse una signora neg…di colore. E alla mia conferma si è alzata dicendo che non voleva più cenare qui…”». E prosegue: «Io sono uscito e ti ho seguito mentre risalivi in macchina e andavi via, evitando di guardarmi, mentre costringevi il tuo compagno ad una improbabile inversione ad “U”. Io non conosco chi sei, la tua storia, i tuoi problemi e non oso nemmeno giudicarti. So solo che ho sentito, una grande tristezza nel cuore. Ieri sera ho preso consapevolezza di quanto profondo e radicato sia questo sentire che emerge dal lato oscuro delle persone».


Poi il ringraziamento alla coppia: «Ma, ti sembrerà strano, ieri io ti ho anche ammirato. Ti ho ammirato perchè hai avuto la coerenza di dire quello che tante persone, concittadini, amici pensano ma non hanno il coraggio di ammettere. Non importa se si tratta di spazzatura, ma lo hai detto, hai fatto uscire quello che si nasconde dentro di te, sei stata, a tuo modo, sincera. Perché, vedi, noi ci siamo proprio perché esistono persone come te, e non ci disturbano i commenti del tipo “ u vidisti? dintra a cucina su tutti nivuri” o i “negri!” urlati dalle auto in corsa davanti al nostro ristorante. Non ci disturbano e ci fanno sorridere perché li avevamo messi in conto e sapevamo che sarebbe stato difficile costruire una comunità diversa da questa in cui viviamo. Quello che ci sorprende e ci addolora davvero è l’assenza della rete che doveva sostenere questo progetto rivoluzionario, degli intellettuali e di gran parte degli attivisti delle associazioni culturali di impronta progressista o del mondo cattolico, della cooperazione, degli “amici”. […] Certamente non stiamo riuscendo a cambiare il lato nero dell’anima di quelli come te ma forse stiamo facendo emergere quello, più subdolo e profondo, dell’anima di quegli altri. Senza rancore».

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