Il figlio di Mihajlovic diventa allenatore: «Porto un grande nome ma non lo voglio sfruttare»

A 23 anni ha ottenuto il patentino C, con il quale può allenare le squadre giovanili

«Ho imparato da lui cosa significa essere un uomo e quali sono i valori umani da non tradire mai». Così Miroslav Mihajlovic, figlio di Sinisa, ricorda il padre di cui sta seguendo le orme. A 23 anni, Miro ha appena ottenuto il patentino allenatori C della Uefa, con il quale può allenare squadre giovanili anche a livello professionistico, escluse le squadre Primavera. Sembra meno spigoloso del padre, ma non per questo meno determinato. «Voglio arrivare in Serie A, lo devo a mio padre e lo devo a me stesso, perché questa è la mia grande passione: allenare diventa una ragione di vita», racconta in un’intervista a Il Messaggero a cura di Alberto Dalla Palma. Entro fine agosto, Miro dovrebbe chiudere l’accordo con l’Ubertevere, importante società al livello dilettantistico. Partirà dall’Under 15 e lavorerà per rendere la scuola calcio migliore. Non ha fretta il figlio d’arte: «Sono consapevole che non si può avere tutto e subito e che il mio nome non deve pesare nelle scelte».


Il peso di chiamarsi Mihajlovic

«Ovvio che il cognome che porto ha un peso nel mondo del calcio e mi può agevolare, io sono orgoglioso di essere il figlio di Sinisa ma voglio fare la mia strada, senza sfruttare alcun favore», aggiunge. Miro è tranquillo e determinato nelle sue parole: «Non voglio che intorno a me si creino aspettative eccessive, soprattutto all’inizio, e dovrò dimostrare più degli altri se sono bravo oppure no. Non sono un raccomandato e non lo sarò mai, se qualcuno lo sosterrà andrò avanti per la mia strada senza preoccuparmi troppo. So chi sono e dove voglio arrivare». Con un padre come il suo è stato praticamente naturale apprendere la professione e appassionarcisi.


Una vita in panchina

«Era un desiderio che avevo fin da bambino – racconta – mi sono innamorato di questo mestiere vivendo accanto a papà. Tutti lo hanno amato, ammirato e contestato come giocatore, io non ho avuto quella fortuna: sono cresciuto con Mihajlovic allenatore e ho capito che la mia strada sarebbe stata identica alla sua. Il fatto che se ne sia andato per sempre non mi ha condizionato e spinto a fare mosse che non desideravo. Faccio tutto nel suo ricordo e nel suo nome, consapevole che il mestiere di allenatore è quello che ho sempre sognato». Miro condivide con altri allenatori una peculiarità. Lui, come Mourinho, Sacchi o Sarri non ha mai giocato ad alti livelli. Caratteristica che nel mondo del calcio spesso si trascina dietro pregiudizi, che Mihajlovic Junior vuole sfatare: «Io inizio a 23 anni un percorso e vorrei che quando io di anni ne avrò 40 dicessero che sono bravo anche se non sono stato un giocatore»

I princìpi di Sinisa

Ci sono alcuni princìpi che Miro ha imparato dal padre e non intende abbandonare: «Di lui ammiravo il modo in cui si confrontava con i giocatori. Sempre schietto e onesto, anche se c’erano comunicazioni poco positive da fare. Lui era un duro, aveva il carattere di un serbo vero. Io sono più docile, mi sento italiano ma non per questo meno concentrato sugli obiettivi. Sarò sempre sincero davanti a un singolo o a una squadra, non mi aggrapperò a sotterfugi o meschinerie per portare avanti il mio lavoro. Questo mi ha insegnato Sinisa». L’obiettivo è arrivare in Serie A: alla «Lazio, che amo, oppure in un altro club, ci mancherebbe».

La tattica

Tatticamente Miro ha le idee chiare: «Credo sempre nella difesa a quattro con gli esterni che attaccano». Tra gli idoli del 23enne c’è anche l’allenatore che non volle sostituire Sinisa a Bologna quando il serbo era ricoverato a causa del tumore che gli ha lentamente tolto la vita: Roberto De Zerbi. «Un uomo vero, un ragazzo di grandi valori e preparato. Mi ha invitato a Brighton e ho seguito i suoi allenamenti. Un’emozione speciale, che mi ha anche ispirato per il futuro. Ho vissuto dei giorni incredibili, ho respirato l’aria della Premier e del calcio inglese. E non perdo di vista, come maestro di vita e di calcio, anche Dejan Stankovic, il mio zietto e il padrino di mio fratello Dusan. Una persona speciale». La strada è tracciata. Il viaggio è iniziato, e Miro non ha paura di andare lontano.

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