La storia di Sonia, nata con la maternità surrogata e oggi senza genitori, cognome e documenti

Il tribunale ha dato torto ai genitori vicentini. E adesso lei non ha nemmeno l’assistenza sanitaria gratuita

Sonia ha 4 anni ed abita in un comune in provincia di Vicenza. Ma non ha un cognome, una tessera sanitaria, un certificato di nascita e un documento dell’anagrafe. Non può frequentare una scuola pubblica né ha un indirizzo ufficiale. «Sono quattro anni che mia moglie ed io combattiamo perché a nostra figlia venga riconosciuto il diritto che spetta a ogni essere umano: l’identità. Invece, mentre lei cresce e si affaccia alla vita sociale, siamo finiti in un girone infernale di processi e ricorsi», spiega il padre oggi a Repubblica. Sonia è nata a Kiev nel 2019 con la maternità surrogata. Che in Ucraina è legale. Nelle cliniche in cui nascono i bambini i genitori vengono indicati come committenti. I due chiedono l’iscrizione all’anagrafe. Dall’ambasciata italiana a Kiev parte una segnalazione al comune e alla procura. C’è scritto che la bambina è nata con la gestazione per altri.


La gestazione per altri

A quel punto il comune rifiuta la trascrizione. «Qualche mese fa Sonia si è fatta male, l’abbiamo portata in ospedale, ma ci hanno detto che senza una tessera sanitaria non l’avrebbero potuta curare, se non a pagamento. Così per la scuola. L’abbiamo iscritta in un istituto privato, dove non ci hanno fatto troppe domande. L’unica cosa che siamo riusciti a ottenere è un codice fiscale sulla base dell’atto di nascita ucraino». È una situazione comune a molti. «Ma in gran parte dei casi si riesce in tribunale a far valere i diritti dei minori. Non nel caso di Sonia, però. Bambina che la legge ha reso orfana di due genitori, che invece esistono e la amano», spiega l’avvocato.


La storia prosegue: «Nel 2020 abbiamo fatto ricorso al tribunale di Vicenza contro la decisione del nostro Comune. Sonia aveva già un anno ed era apolide. È nata in Ucraina ma non è registrata all’anagrafe ucraina, è italiana però l’Italia non la riconosce. Mia figlia non ha né patria né passaporto. Giriamo sempre con un faldone pieno di documenti per dimostrare, nel caso ci fermassero, che Sonia è nostra figlia. Compreso l’esame del Dna che attesta la mia paternità. Vi sembra possibile?».

Il Dna che non basta

Alla fine il tribunale di Vicenza respinge il ricorso. E la sentenza fa giurisprudenza. In corte d’appello la conferma. Con un’aggiunta: respinto anche il riconoscimento del genitore come padre biologico. Nonostante un test del Dna che lo accerta. «Visto che la causa in primo grado era contro il parere del Comune che aveva negato il riconoscimento di entrambi i genitori, la mia domanda di essere riconosciuto come unico genitore biologico, non è stata accettata», spiega il padre. E Sonia rimane lì. Sospesa in un limbo giuridico.

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