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Il piano a rilento di Mosca sulla maxi-fabbrica di droni per colpire le città ucraine (con l’aiuto dell’Iran): cosa sta andando storto

Il Washington post ha potuto visionare diversi documenti tecnici riservati sull’impianto che dovrebbe produrre almeno 6mila droni in grado di sferrare una pesante offensiva sull’Ucraina

Nell’agosto 2022, la notizia di fornitura da parte dell’Iran di droni alla Russia aveva creato allarme a livello internazionale. Nel novembre 2022 Teheran e Mosca avevano stretto un accordo da un miliardo di dollari  per arrivare alla produzione di circa 6.000 modelli iraniani in una nuova struttura in Russia. Il 9 maggio 2023, dagli Stati Uniti è trapelato che l’Iran stava sostenendo gli sforzi russi per costruire una fabbrica di droni a centinaia di chilometri a Est di Mosca. Secondo quanto riferito, Teheran stava fornendo materiali per la costruzione della struttura, che avrebbe consentito a Mosca di produrre la propria fornitura di droni, anziché esportarli attraverso la rotta del Mar Caspio. Nel dicembre 2022, secondo le stime dell’intelligence ucraina, Teheran aveva fornito più di 1.700 droni “kamikaze”, ma anche di sorveglianza e di combattimento. Nel luglio 2023, come riportato dal Financial Times, la Russia ha iniziato a produrre droni da ricognizione in una struttura sostenuta dall’Iran nella provincia del Tatarstan, e più precisamente a Elabuga. Tra gli obiettivi, come riportato dal Washington Post oggi, c’è quello di costruire – su scala nazionale – almeno 6.000 droni entro l’estate 2025. Si tratta di droni UAV (Unmanned Aerial Vehicle, ndr), ossia senza pilota. Se la produzione dovesse continuare, Mosca potrebbe accelerare non solo alla corsa agli armamenti, ma anche avere più risorse per riconquistare terreno e proseguire la sua offensiva contro Kiev. Negli ultimi tre mesi, la Russia ha attaccato l’Ucraina con più di 600 droni iraniani Shahed-136, secondo l’intelligence di Kiev.


L’impianto di produzione del drone Geran-2

Secondo i documenti visionati, datati dall’inverno 2022 alla primavera 2023, facenti parte del cosiddetto “Project Boat” (nell’accordo veniva usato il nome in codice “barca” per indicare in realtà i droni, ndr) sono presenti i progetti per la costruzione dell’impianto, schemi tecnici, e altra documentazione, emerge che malgrado i ritardi e un processo di produzione fortemente dipendente da componenti elettronici prodotti all’estero, Mosca ha compiuto progressi costanti verso il suo obiettivo di fabbricare una variante dell’iraniano Shahed-136 (ossia il Geran-2, ndr), un drone d’attacco in grado di viaggiare oltre i 1.609,34 chilometri e trasportare esplosivi per effettuare ​​attacchi auto-detonanti. Secondo i documenti a disposizione, gli ingegneri della struttura stanno cercando di migliorare le tecniche di produzione iraniane, oltre a implementare le funzionalità dei droni stessi (sia in termini di velocità, sia di precisione, ndr), anche in prospettiva di attacchi coordinati su un singolo bersaglio. La produzione, però, sembra andare a rilento. Secondo gli esperti consultati dal Washington Post, al momento, sono stati prodotti solo gli scheletri dei droni, e probabilmente per non più di 300 unità, hanno concluso i ricercatori. A complicare le cose anche la carenza di chip e di altri materiali di essenziali per la produzione e ancor di più per l’implementazione, a causa delle sanzioni. Ma non solo. A mancare è anche il personale qualificato per la produzione, costruzione e delle competenza di guida di questa nuova variante di UAV. Insomma, al momento, risulta improbabile che la Russia riesca a produrre in totale autonomia sul proprio territorio i nuovi droni nei tempi prestabiliti.


Washington Post / Il drone iraniano Shahed-136

Foto in copertina: Maxar Technologies / Un sito industriale a Est di Mosca, nella regione del Tatarstan, dove i funzionari dell’intelligence statunitense ritengono che la Russia, con l’aiuto dell’Iran, stia costruendo una fabbrica per produrre droni d’attacco da utilizzare nella guerra in Ucraina

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