Così i cimeli di Pablo Escobar fanno azzuffare gli eredi: minacce di morte tra fratello e nipote del re dei narcos

La contesa per i cimeli tra il fratello del trafficante morto nel ’93 e suo figlio Nicolás, che si definisce «il nipote preferito di Don Pablo»

È zuffa nella famiglia di Pablo Escobar, il narcotrafficante colombiano ucciso nel dicembre del 1993 in un conflitto a fuoco mentre tentava di fuggire dalle forze dell’ordine su un tetto a Medellin. A contendersi buona parte dei cimeli appartenuti al re della droga colombiano sono il fratello Roberto “El Osito” Escobar e il nipote Nicolás Escobar, 53 anni, che si proclama con orgoglio «il nipote preferito di Don Pablo». Nicolás rivendica i cimeli dell’imperatore della cocaina, sperando di poterne realizzare una mostra. Ma a mettere i bastoni tra le ruote all’idea del nipote è proprio il padre Roberto, fratello di Pablo Escobar nonché co-fondatore ed ex contabile del cartello di Medellin. L’uomo, secondo quanto riferito da Nicolás Escobar in un’intervista al Telegraph, avrebbe minacciato di ucciderlo se si fosse impossessato dell’eredità: «Quell’uomo (Roberto, ndr) pensa ancora di poter fare quello che vuole, di essere nella mafia, di essere un capo. Un giorno, mia sorella mi ha chiamato e mi ha detto di non tentare di entrare nella casa (di mio padre): “Se entri qualcuno ti potrebbe uccidere, perché nostro padre ha dato questo ordine”». Secondo quanto riferito, in realtà Nicolás avrebbe già ricevuto degli “avvertimenti”, ed è per tale ragione che avrebbe ottenuto protezione da parte della polizia mentre ha adottato misure di sicurezza attorno alla propria abitazione.


Ma dove sono stati custoditi finora tutti questi cimeli contesi? Le ricchezze accumulate da Pablo Escobar sono state esposte in un museo gestito proprio dal fratello Roberto. Un museo molto popolare tra i turisti che erano soliti visitare il museo con i cimeli del signore della droga colombiano. Ma il museo è stato demolito quest’anno, quando i funzionari del governo locale hanno scoperto che si trattava di un edificio abusivo e senza i dovuti permessi. Secondo quanto riferito da altri funzionari, però, il museo sarebbe stato abbattuto nel tentativo di allontanare l’associazione del nome della città a quella del narcotraffico. Tra i cimeli contesi tra i due c’è una Harley Davidson rosa, un piccolo jet privato, una vasta raccolta di fotografie rare e una pistola che si presume appartenesse ad Al Capone. Non sorpende che il defunto Escobar abbia accumulato così tante ricchezze e beni preziosi: quando guidava il cartello di Medellin controllava oltre l’80% del narcotraffico verso gli Stati Uniti. A metà degli anni ’80, Pablo Escobar aveva un patrimonio netto stimato di 30 miliardi di dollari, senza contare le liquidità. E così, all’epoca, venne incluso nella lista delle dieci persone più ricche del mondo secondo Forbes.


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