Entra in vigore il Digital Services Act, che cosa prevedono le nuove regole Ue contro lo strapotere delle Big Tech

Il provvedimento, osteggiato dalla Lega, prevede nuovi obblighi per i colossi del web nella lotta alla disinformazione e la tutela degli utenti

Entra in vigore oggi, 25 agosto, il Digital Services Act, il nuovo pacchetto di regole messo a punto dall’Unione Europea per controbilanciare lo strapotere delle Big Tech. «Stiamo portando i nostri valori europei nel mondo digitale – ha scritto su X-Twitter la presidente della Commissione Ursula von der Leyen -. Con regole severe in materia di trasparenza e responsabilità, la nostra legge sui servizi digitali mira a proteggere i nostri bambini, le nostre società e le nostre democrazie». Gli obiettivi dichiarati delle nuove regole comprendono la lotta alla disinformazione online, la protezione dei diritti fondamentali degli utenti e l’introduzione di nuovi obblighi più stringenti per le piattaforme con oltre 45 milioni di utenti. Tra le novità più rilevanti ci sono senz’altro l’entità delle sanzioni – che ora possono arrivare fino al 6% annuo del fatturato globale – e gli ampi poteri di vigilanza conferiti alla Commissione, che avrà la facoltà di verificare direttamente se le piattaforme e i motori di ricerca stanno rispettando le nuove regole europee oppure no.


Disinformazione e rimozione dei contenuti illegali

Uno dei principali obiettivi delle nuove regole è di velocizzare le procedure per la rimozione dei contenuti illegali. Come? Obbligando le aziende a potenziare i team di moderazione e i sistemi di segnalazione, ma anche rendicontando in modo più trasparente i propri interventi. In altre parole, ogni piattaforma social dovrà indicare con chiarezza perché un contenuto è stato rimosso e quali regole ha violato. Comprese quelle sull’hate speech, la violenza di genere o il turbamento dei processi elettorali tramite la diffusione di fake news. Chi vedrà un proprio post rimosso o bloccato avrà diritto di presentare reclamo direttamente alla piattaforma, scegliendo un organismo per la risoluzione delle controversie. Il compito di istituire un’autorità indipendente – incaricata di esprimersi sui singoli casi – è stato delegato agli Stati membri. In Italia è atteso un segnale in tal senso entro febbraio 2024.


Gli obblighi per le grandi piattaforme

La nuova stretta normativa di Bruxelles sulle piattaforme digitali non si applicherà allo stesso modo a tutte le piattaforme digitali. Gli obblighi più stringenti sono previsti per le 19 società che al momento contano oltre 45 milioni di utenti attivi ogni mese nel continente. Si tratta di due motori di ricerca (Bing e Google) e diciassette piattaforme (Facebook, Instagram, Twitter, TikTok, Snapchat, LinkedIn, Pinterest, Alibaba/AliExpress, Amazon, Apple Store, Zalando, YouTube, Google Play, Google Maps, Google Shopping, Booking e Wikipedia). Per tutte queste aziende – classificate come «molto grandi» – viene inserito anche l’obbligo di una valutazione globale dei rischi per i diritti fondamentali degli utenti – tra cui la libertà di espressione, la tutela dei dati personali e la libertà e il pluralismo dei media – e il divieto di pubblicità mirata su piattaforme online rivolte ai minori o che usano dati personali sensibili.

Multe e controlli

I colossi che violano le nuove norme europee rischiano una sanzione che può arrivare al 6% del fatturato annuo globale, fino addirittura al bando dei recidivi. Il Digital Services Act prevede infine l’istituzione di due nuove figure. La prima è il compliance officer, una figura interna all’azienda incaricata di monitorare l’osservanza del regolamento. La seconda è il Digital Services Coordinator, una nuova autorità nazionale indipendente che deve vigilare sull’applicazione del regolamento e riferire al comitato europeo per i servizi digitali, presieduto dalla Commissione.

L’opposizione della Lega

Il pacchetto di misure che entra oggi in vigore è stato presentato per la prima volta dall’esecutivo di Bruxelles nel dicembre 2020 ed è stato approvato dal Parlamento europeo lo scorso anno. Il via libera è arrivato nonostante l’opposizione dei partiti più conservatori che siedono all’Eurocamera, che hanno parlato di «legge bavaglio» e di rischi per la libertà di informazione. «Da domani in questa Europa che da anni non cresce e già destinata alla deindustrializzazione e all’irrilevanza sugli scenari globali, saremo anche tutti un pò meno liberi – hanno commentato i capi delegazione della Lega Marco Campomenosi e Alessandra Basso, relatrice ombra del provvedimento -. L’entrata in vigore del Digital Services Act, provvedimento che rafforzerà la censura su Internet, deciso passo in avanti verso la “cinesizzazione” del concetto di libertà di espressione in Europa, ci allarma e ci preoccupa».

Credits foto: EPA/Olivier Hoslet | Un attivista travestito da Mark Zuckerberg di fronte alla sede della Commissione Europea a Bruxelles (15 dicembre 2020)

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