La transizione del figlio, PayPal, le cripto e i comunisti. Ecco perché Elon Musk ha voluto prendersi Twitter

Una biografia inedita del tycoon scritta da Walter Isaacson svela i retroscena pepati dell’operazione – tra business e vita privata

La spinta decisiva a comprare Twitter e cambiarne regole e contenuti è stata data ad Elon Musk dalla vicenda del figlio maggiore Xavier, che a 16 anni ha deciso di effettuare la transizione rompendo duramente con il padre. Lo svela Walter Isaacson nella biografia Elon Musk in uscita sul mercato americano il prossimo 12 settembre, edita da Simon & Schuster. Il capitolo su Twitter è stato anticipato dal Wall Street Journal nella sua edizione online ed è ricco di retroscena su come è andata veramente quella acquisizione.


La spinta del figlio Xavier divenuto Jenna

Non è stato il cambio di genere del figlio ad avere turbato particolarmente Musk. Ma il figlio trasformato in Jenna è diventato marxista, interrompendo ogni rapporto con il padre. È lo stesso Elon a raccontarlo al suo biografo: «È andata oltre il socialismo, diventando una comunista a tutti gli effetti e pensando che chiunque sia ricco sia malvagio», racconta. E Isaacson annota: «La rottura lo ha addolorato più di ogni altra cosa nella sua vita dopo la morte infantile del suo primogenito Nevada (…) In parte ha attribuito la colpa all’ideologia che Jenna ha assimilato alla Crossroads, la scuola progressista che ha frequentato a Los Angeles. Twitter, secondo lui, era stato infettato da una mentalità simile che reprimeva le voci di destra e anti-establishment». Così Musk decise: «Twitter ha bisogno di un drago sputafuoco». E il 31 marzo 2022 invitò in segreto a cena il CEO di Twitter, Parag Agrawal, insieme al presidente della società, Bret Taylor facendo il primo passo verso quella acquisizione. I due lo invitarono ad entrare nel cda della società, ed Elon accettò. Ma poi confidò ai suoi amici cofondatori di PayPal che lo avevano seguito in Tesla che i manager di Twitter non gli erano piaciuti per nulla: erano simpatici, sì. Ma un Ceo non deve essere simpatico. Ne uscì un giudizio tagliente anche sui dipendenti di Twitter: «È chiaro che i detenuti stanno gestendo un manicomio». Agli amici spiegò poi che con Twitter avrebbe potuto realizzare il progetto che aveva immaginato per PayPal, con il nome che allora aveva pensato per la società: “X.com”: una piattaforma di pagamenti in cui si può discutere senza censure e in piena libertà.


L’isola delle Hawai e l’attrice australiana per decidere

Qualche giorno dopo Musk è volato a Lanai, l’isola hawaiana di Larry Elison per riflettere sulla acquisizione. «Aveva programmato il viaggio», racconta Isaacson, «come un appuntamento tranquillo con una delle donne che frequentava occasionalmente, l’attrice australiana Natasha Bassett. Ma invece di usarlo come una mini-vacanza rilassante, ha trascorso i quattro giorni a pensare a cosa fare con Twitter. Rimase sveglio per quasi tutta la prima notte a riflettere sui problemi di Twitter. Quando ha esaminato un elenco di utenti che avevano il maggior numero di follower, non erano più molto attivi. Così alle 3:32 del mattino, ora delle Hawaii, ha pubblicato un tweet: “La maggior parte di questi account ‘top’ twitta raramente e pubblica pochi contenuti. Twitter sta morendo?”. Novanta minuti dopo, il CEO di Twitter Agrawal ha inviato a Musk un messaggio di testo: “Sei libero di twittare ‘Twitter sta morendo?’ o qualsiasi altra cosa su Twitter, ma è mia responsabilità dirti che non mi aiuta a migliorare Twitter nel contesto attuale”. Si trattava di un testo sobrio, formulato con cura per evitare di sottintendere che Musk non avesse più il diritto di denigrare l’azienda. Quando Musk ha ricevuto il messaggio, erano da poco passate le 5 del mattino alle Hawaii, ma era ancora in forze. Ha risposto in modo sprezzante: “Cosa hai fatto questa settimana?”. È stata l’ultima stroncatura di Musk».

Il videogioco decisivo e la ricerca dei fondi

Sabato 9 aprile Musk è volato a Vancouver per incontrare la fidanzata Claire Boucher, una artista performativa che aveva come nome d’arte Grimes. Doveva presentare il figlio avuto da lei “X” (è il suo nome) a nonni e bisnonni. Ma non ci è andato, «era sotto stress». Ha scaricato un videogioco sul telefonino – “Elden Ring” – ed è rimasto a farlo fino alle 5,30 del mattino. Quando ha deciso di smettere ha fatto un tweet, il più famoso di questa vicenda: «Ho fatto un’offerta». Lui aveva 10 miliardi di dollari di stock option che erano maturate e gli erano state liquidate, ma cercava altri finanziatori. Il fratello Kimbal ha rifiutato di entrare nella partita. Larry Ellison gli ha detto che era disposto a impegnare un miliardo di dollari. Poi è arrivata una sorpresa, che Isaacson svela nel libro.

Ci prova il re (poi decaduto) delle criptovalute

«Una persona che non vedeva l’ora di partecipare all’affare era Sam Bankman-Fried, il fondatore, presto caduto in disgrazia, della borsa di criptovalute FTX. Il banchiere di Musk alla Morgan Stanley lo ha esortato a chiamare Bankman-Fried, dicendogli che ‘avrebbe fatto l’ingegnere per l’integrazione della blockchain dei social media’ e avrebbe messo 5 miliardi di dollari nell’affare. Musk non voleva incontrare Bankman-Fried: “Blockchain Twitter non è possibile, perché i requisiti di larghezza di banda e latenza non possono essere supportati da una rete peer to peer“. Bankman-Fried ha poi inviato un messaggio a Musk per dirgli che era “davvero entusiasta di quello che farai con TWTR’” Ha detto che aveva 100 milioni di dollari di azioni di Twitter che avrebbe voluto “rollare”, il che significa che le sue azioni di Twitter sarebbero state convertite in una quota della nuova società una volta che Musk l’avesse resa privata. “Scusate, chi sta inviando questo messaggio?”, ha risposto Musk . Bankman-Fried si è scusato e si è presentato, e Musk ha risposto bruscamente: “Sei il benvenuto”. Questo ha portato Bankman-Fried a chiamare Musk a maggio. “Il mio rilevatore di stronzate è scattato come un allarme rosso su un contatore Geiger”, racconta Musk. Bankman-Fried ha iniziato a parlare rapidamente, parlando solo di se stesso “Pensavo che dovesse farmi domande sull’affare, ma continuava a raccontarmi le cose che stava facendo. E io pensavo: ‘Amico, calmati'”. La sensazione era reciproca: Bankman-Fried pensava che Musk fosse pazzo. La telefonata è durata mezz’ora e Bankman-Fried alla fine non ha investito e non ha ritirato le sue azioni di Twitter».

La discussione sul prezzo

Dopo avere conosciuto meglio la società, Elon si è convinto di non potere pagare i 44 miliardi dollari promessi per Twitter, sostenendo che i venditori avevano barato sugli utenti reali. «I suoi avvocati lo hanno infine convinto che avrebbe perso la causa se l’avessero portata in tribunale. Era meglio chiudere l’accordo alle condizioni originali. A quel punto Musk aveva persino ritrovato un po’ di entusiasmo nel voler rilevare l’azienda. “Probabilmente dovrei pagare il prezzo pieno, perché queste persone che gestiscono Twitter sono delle teste di legno e degli idioti’” mi ha detto a fine settembre. “Il potenziale è così grande. Ci sono così tante cose che potrei sistemare”. Ha accettato di chiudere ufficialmente l’affare in ottobre. Dicendo però: “Tutti questi dannati uccelli devono andarsene”».

Due mondi opposti più che diversi

«Tra Twitterland e il Muskverse», scrive Isaacson, «c’era una radicale divergenza di vedute. Twitter si vantava di essere un luogo amichevole dove le coccole erano considerate una virtù. “Eravamo sicuramente molto empatici, molto attenti all’inclusione e alla diversità; tutti devono sentirsi al sicuro qui», mi dice Leslie Berland, che era chief marketing and people officer finché non è stata licenziata da Musk. L’azienda aveva istituito un’opzione permanente di lavoro da casa e concedeva un giorno di riposo mentale ogni mese. Una delle parole d’ordine comunemente usate in azienda era “sicurezza psicologica”. Si faceva attenzione a non causare disagio. Musk si è lasciato andare a una risata amara quando ha sentito l’espressione “sicurezza psicologica”. Lo ha fatto indietreggiare. La considerava nemica dell’urgenza, del progresso, della velocità orbitale. La parola che preferiva era “hardcore”. Il disagio, secondo lui, era una cosa buona. Era un’arma contro il flagello dell’autocompiacimento. Le vacanze, l’equilibrio tra lavoro e vita privata e i giorni di “riposo mentale” non facevano per lui».

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