Putin rispolvera la propaganda antisemita: «Disgustoso che l’ebreo Zelensky copra i neonazisti e i massacri della Shoah»

Lo sgangherato attacco dell’autocrate russo: «Zelensky? Un ebreo messo lì dai tutori occidentali». Il precedente di Lavrov che portò a una (quasi) crisi con Israele

Il presidente russo Vladimir Putin, inseguito da un mandato d’arresto della Corte penale internazionale per i crimini di guerra commessi in Ucraina, rispolvera l’arsenale più velenoso della sua propaganda per giustificare l’aggressione del Paese, tornando ad attaccare il suo leader Volodymr Zelensky con accuse antisemite. «È disgustoso che l’ebreo Zelensky si presti a coprire la glorificazione del nazismo e coloro che hanno guidato l’Olocausto in Ucraina», ha detto Putin citato dall’agenzia di stampa Ria Novosti, in un incontro con il direttore del museo sulla Grande Guerra Patriottica Alexander Shkolnik. Nella visione distorta del Cremlino l’attuale governo di Kiev sarebbe infatti essenzialmente l’erede delle truppe nazionaliste guidate da Stepan Bandera, che durante la Seconda guerra mondiale si allearono con le truppe d’invasione naziste per combattere contro l’Unione Sovietica e collaborare ai massacri di ebrei del Paese. «I tutori occidentali hanno messo a capo dell’Ucraina moderna un ebreo etnico, con radici ebraiche, e quindi, a mio parere, sembrano coprire una tale essenza anti-umana, che è il fondamento, la base del moderno stato ucraino». Quindi la rievocazione del passato: «Bandera e altri come lui hanno fatto strage di 1,5 milioni di ebrei, è disgustoso che Zelensky copra tali crimini». Poi Putin termina il suo surreale ragionamento provando a portare dalla sua parte, contro l’Ucraina, Israele: «Nessuno può capire meglio tutto ciò dei comuni cittadini israeliani, basta vedere quello che dicono su Internet».


Il precedente di Lavrov (su Rete 4)

L’autocrate russo torna così a rispolverare in un colpo solo le accuse di «nazificazione» dell’Ucraina cui aveva dato fondo nell’inverno 2022 per giustificare il lancio dell’«operazione speciale» nel Paese e quelle antisemite di complicità di Zelensky. Incurante, evidentemente, della crisi diplomatica che la precedente simile uscita del suo ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, provocò con lo Stato ebraico. Ai primi di maggio del 2022, quando la guerra era ancora fresca ma chiaro era già il fallimento dello sperato «blitz» russo, Lavrov diede un’intervista alla tv italiana – la trasmissione Zona Bianca su Rete 4 – rilanciando la teoria della «nazificazione» dell’Ucraina e attaccando frontalmente Zelensky, reo proprio in forza delle sue radici ebraiche di non aver fermato ed anzi essersi reso complice di quel processo. «Anche Hitler aveva origini ebree, i maggiori antisemiti sono proprio gli ebrei», la sparata con cui Lavrov chiuse il ragionamento. Dichiarazioni che portarono Israele, da sempre su posizioni defilate rispetto alla pressione anti-russa dell’Occidente, a convocare l’ambasciatore di Mosca e a parlare di affermazioni «false, deliranti e pericolose». Fu Putin stesso, pochi giorni dopo, a doversi scusare personalmente con l’allora premier Naftali Bennett. Con quello attuale, l’«eterno» Benjamin Netanyahu, Putin vanta certamente un rapporto più antico e solido. Ma non è detto basterà a evitare una nuova dura reazione da parte di Gerusalemme, oltre che delle istituzioni ebraiche mondiali (e di Kiev, ça va sans dire).


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