Un italiano su due è tatuato, ma non mancano i pentiti. La conduttrice Ema Stokholma: «Cercherò di toglierli, vi consiglio di non farli»

Ma c’è anche chi rivendica le proprie scelte, come l’attore Claudio Amendola: «Il corpo è una tela per raccontarsi»

Gli italiani sono pazzi per i tatuaggi, ma anche impulsivi: questo almeno è il quadro che emerge dai dati, che ci dicono come il Belpaese sia il primo al mondo per persone tatuate. Ma anche che crescono i pentiti. Se ad aver deciso di incidere un disegno, un simbolo o delle lettere sulla propria pelle è infatti un cittadino su due (il 48% della popolazione), non sono in pochi a voler tornare indietro: in Italia, scrive il Messaggero, la capolista è Milano, con 6.720 ricerche all’anno per cancellare un tatuaggio. Seguono Roma e Torino.


Pentiti e non

Tra i pentiti «illustri» c’è anche chi ha fatto delle incisioni su pelle il proprio marchio di fabbrica, come la conduttrice Ema Stokholma, che ha annunciato che cercherà di togliere i suoi: «Nascondono il corpo, vi consiglio di non farli», ha affermato. Il fenomeno è globale: negli Usa le ricerche online per rimozioni o correzioni superano il milione l’anno. Non manca certo chi rivendica le sue scelte, come l’attore Claudio Amendola, che racconta al quotidiano di «concepire il corpo come una tela per raccontarsi». «Non mi sono pentito di nessun altro disegno inciso sul mio corpo», dichiara, commentando il cerchio con la “A” (simbolo dell’anarchia) che fu il suo primo tatuaggio, a 16 anni. «Ero giovane e ribelle. Ho dovuto coprirlo quando a 19 anni ho cominciato a fare l’attore, esordendo con il ruolo del pugile ebreo Davide Sonnino nella serie tv Storia d’amore e d’amicizia nel 1982. Oggi al suo posto c’è un delfino», spiega.


Claudio Amendola

I tatuaggi sulla pelle dell’attore sono tanti: sulle gambe, ha scelto di tatuarsi il grande Agostino Di Bartolomei, «icona senza tempo dell’universo giallorosso». Legame con la Capitale che emerge anche da altri disegni: «Quello che ritrae il Colosseo, sul bicipite. Credo di essere stato uno dei primi, a Roma: oggi va di moda. Me lo sono fatto incidere in tre tappe. Prima il monumento, poi il gladiatore, infine la scritta Spqr. È maestoso». Amendola ha poi dedicato il polpaccio sinistro al volto di De André, «tra i suoi artisti preferiti»: «Ho nel cuore i versi delle sue canzoni, tutte. Mi sono quasi sempre segnato addosso le cose che mi appartengono».

Le motivazioni

Il legame affettivo, la volontà di ricordare qualcuno o qualcosa, è una delle motivazioni principali che spinge le persone a tatuarsi. Da uno studio di Preply che ha analizzato la presenza dei tattoo sui social e nelle ricerche online, emerge infatti che la maggior parte delle scelte ricade sui nomi, con oltre 298mila hashtag su Instagram e oltre 2.6 milioni di ricerche l’anno su Google. Si scelgono, di solito, i nomi di persone care: un figlio, un partner, un genitore. Gli stessi motivi che portano, in alternativa, ad optare per le singole lettere, seconde sul podio. Al terzo posto in classifica troviamo invece le citazioni (87.400 post su Instagram e 896.640 ricerche l’anno su Google.

Le lingue dei tatuaggi

Importante è anche la lingua con la quale la frase o il testo vengono scritti: la prediletta dei tatuati (o aspiranti tali) è il giapponese, complice l’essenziale eleganza dei suoi tratti grafici (231.240 ricerche su Google ogni anno). Segue il cinese e, al terzo posto, l’arabo: una scelta forse condizionata dall’esempio di star famose come Selena Gomez, Angelina Jolie e Rihanna. Anche se, come esempio da emulare, stravince Ariana Grande: le ricerche su Google associate ai suoi tatuaggi sono un miliardo e 328 milioni. A onor del vero, tuttavia, il risultato potrebbe risentire dell’errore notato dai fan nel 2019, quando i fan si sono accorti di un errore nel suo tatuaggio in giapponese, tradotto erroneamente “shi-chirin”, vale a dire “piccola griglia per barbecue”. L’italiano si posiziona al nono posto, con 19.080 ricerche annuali in tutto il mondo. Ma cresce il persiano, con un aumento della domanda del 312% di anno in anno.

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