Tre morti nello scoppio alla Sabino Esplodenti, è l’11esimo dal 1994: «È in corso un’inchiesta, ma la politica ha spinto per riaprirla»

L’ultima esplosione era stata nel 2020, anche allora morirono tre operai

Ancora non è chiaro come sia nata l’esplosione che oggi pomeriggio intorno alle 12.30 ha tolto la vita a tre dipendenti della Sabino Esplodenti, fabbrica di fuochi d’artificio di Casalbordino, in provincia di Chieti. I lavoratori, comunica l’azienda all’Ansa, sono morti nonostante fossero «esperti formati e informati dei rischi connessi allo svolgimento delle loro mansioni». Le vittime sono Fernando Di Nella, 50 anni di Lanciano, Gianluca De Santis, 40 anni di Palata, e Giulio Romano di Casalbordino. L’incidente «si è purtroppo verificato durante la normale fase di lavorazione di munizionamento, eseguito per conto dell’Agenzia Industrie Difesa, nonostante l’adozione delle cautele e applicazioni più severe previste dalla normativa sulla prevenzione degli infortuni», fa sapere l’impianto, dove nel dicembre 2020 era avvenuta un’esplosione simile che – anche in quel caso – aveva provocato la morte di tre persone. Purtroppo non sono le uniche due, dato che dal 1994 ad oggi alla Sabino si sono contate ben 11 esplosioni di polvere pirica.


L’inchiesta in corso

L’azienda ha espresso la propria vicinanza alle vittime e ha assicurato «la più ampia collaborazione della società con l’autorità giudiziaria per l’accertamento delle cause del sinistro». Infine, ha reso noto che «per quanto di competenza la società si farà carico di ogni esigenza» dei familiari delle vittime. «La notizia di un nuovo incidente alla Sabino Esplodenti con tre morti mi riempie di indignazione e rabbia», ha dichiarato Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, coordinamento di Unione Popolare che ricorda come a «circa un mese dall’esplosione del 21 dicembre 2020 io e Augusto De Sanctis presentammo tre corposi esposti alla Procura della Repubblica di Vasto per segnalare una serie di incongruenze sulle autorizzazioni ambientali e sugli adempimenti in materia di sicurezza che hanno contribuito all’apertura di un’inchiesta con il sequestro dell’azienda».


«La politica è responsabile»

«È pazzesco che con un processo imminente sulla precedente strage sia stata sciaguratamente consentita la riapertura con una procedura semplificata. La Regione Abruzzo ha persino deciso di non assoggettarla alla procedura di VIA fermandosi al mero screening nonostante puntuali osservazioni di associazioni e della stessa Provincia di Chieti in cui si sollevavano pesanti questioni a cui non è stata neanche data risposta», aggiunge Acerbo. «Poco fa – aggiunge – sono andato a controllare i siti web istituzionali di Prefettura e Comune e non sono riuscito a trovare l’obbligatorio Piano di Emergenza Esterno che tutti i cittadini dovrebbero conoscere in caso di criticità». «Ci evitino lacrime di coccodrillo e comunicati di cordoglio la giunta, i partiti presenti in Consiglio regionale e i parlamentari abruzzesi che non hanno fatto nulla in questi anni o che magari si sono anche attivati per la riapertura. Politica e istituzioni sono corresponsabili di questa strage», aggiunge l’uomo.

L’esplosione nel 2020

Anche nell’esplosione che si verificò nel dicembre del 2020 alla Esplodenti Sabino di Contrada Termine ci furono tre vittime. La fabbrica smaltisce e recupera polvere da sparo da bonifiche e si trova a Casalbordino, in provincia di Chieti. L’ultimo incidente mortale in Abruzzo che ha riguardato fabbriche o depositi di materiale pirico risale allo scorso febbraio quando un uomo morì nell’esplosione di un deposito alle porte di Teramo. L’azienda del Vastese non è nuova a queste tragedia: nella stessa fabbrica nel 1992 era morto il 48enne Bruno Molisani, ucciso dall’innesco di una spoletta, e nel 2009 due persone rimasero ferite gravemente in un’esplosione.

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